8 maggio 2019 - 10:52

È morto Arnaldo Taurisano, il tecnico filosofo che costruì la Cantù dei trionfi

Storico allenatore anche di Napoli e Brescia, fu il maestro di Charlie Recalcati e lanciò anche Marzorati, Della Fiori e Antonello Riva. Il «Tau» aveva 85 anni

di Flavio Vanetti

È morto Arnaldo Taurisano, il tecnico filosofo che costruì la Cantù dei trionfi
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Il basket italiano piange uno dei suoi allenatori più carismatici: Arnaldo Taurisano, uno dei personaggi che ha contribuito all’età dell’oro della nostra pallacanestro, si è spento martedì a 85 anni. Il suo nome è legato soprattutto a quella Cantù capace di diventare modello di sport e di vita, ma nella sua carriera ci sono anche le eccellenti missioni svolte a Napoli e a Brescia, detto che la carriera di coach ha toccato pure Vigevano (il punto di partenza), Rimini, Roma (sulla riva della Lazio Basket) e Pavia (la squadra in cui, dal 1988 al 1990, concluse la sua esperienza tra i canestri). Ma Taurisano, per tutti «Tau», è stato anche molto di più: educatore e scrittore (notevole la produzione di testi sullo sport che ha amato), nella parte finale della sua vita si è occupato, con un’azienda di famiglia, di produrre protesi sanitarie e di aiutare i disabili.

Al «Pavoniano» di via Giusti, nella Chinatown della Milano in cui era nato, ha avviato i suoi primi esperimenti. Campo in asfalto e molti baldi giovani ai quali insegnare cose comunque utili, anche nel caso non fossero sbocciati come campioni. Tra questi allievi c’era pure Carlo Recalcati, una delle «creature» più riuscite della sua «ars cestistica». A Cantù, dove la famiglia Allievi e il general manager Morbelli avevano messo a punto un sistema fondato sul lancio dei giovani, il lavoro sarebbe proseguito. Avrebbe portato alla ribalta i vari Marzorati e Della Fiori, oltre al manipolo di altri giocatori che resero grande il club; quindi avrebbe regalato all’Italia il talento di un Antonello Riva e di altri ottimi cestisti. Pure Bob Lienhard, purtroppo anche lui scomparso di recente, fu plasmato dall’abilità del Tau: l’americano, diventato brianzolo in tutto e per tutto (anche nella capacità di parlare il dialetto locale), fu inserito magistralmente in un gruppo che miscelava individualità di spicco e un forte senso del collettivo.

Amante della filosofia - e da filosofo voleva sempre partire dalle radici del tutto -, tecnico rigoroso (famosa la punizione dell’ «auto-calcio-in-culo»: chi in allenamento commetteva una fesseria marchiana doveva scusarsi in mezzo ai compagni radunati in cerchio), Taurisano era un allenatore da lunga programmazione, sul modello del basket universitario Usa. Cantù gli affidò le giovanili e dopo il momento di riflusso successivo allo scudetto del 1968, il primo della società, gli consegnò il piano di sviluppo del club. Operato un radicale rinnovamento, Cantù tornò rapidamente al vertice vincendo il secondo titolo ma acquisendo soprattutto una dimensione internazionale: nel bilancio brianzolo del coach figurano infatti, oltre allo scudetto del 1975, tre Coppe delle Coppe, tre Coppe Korac e una Coppa Intercontinentale. Ma nel cuore del Tau c’erano di sicuro pure le due promozioni con Napoli e quella con Brescia, la città nella quale si sarebbe poi trasferito e dove è spirato.

Il ricordo tecnico di Arnaldo Taurisano è fondato su una macchina da gioco spettacolare, ma con cadenze da orologio d’alta precisione. Nei suoi schemi non c’era mai un movimento fuori posto e casuale, senza peraltro tarpare le ali alla creatività dei singoli. Notevoli, anzi, alcune intuizioni sullo sfruttamento del giocatore in funzione delle sue caratteristiche: negli anni migliori, ad esempio, Marzorati poteva giocare l’uno contro uno perché i compagni si portavano sul lato opposto.

L’unica volta in cui Taurisano sembrò derogare da certi principi fu nel 1978 quando decise di ingaggiare l’ex professionista Johnny Neumann: non funzionò. «Cavallo Pazzo», talento straordinario ma difficilmente gestibile, sballò gli equilibri della squadra e alla fine del campionato il tecnico concluse la sua lunga parentesi in Brianza per accettare la panchina di Rimini in A2. Per uno dei tanti giochi del destino, anche Neumann, diventato a sua volta allenatore, ci ha lasciato da poco: è morto lo scorso 23 aprile.

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