Milano, 24 luglio 2017 - 19:43

Colosseo, via libera al parco archeologico: il Consiglio di Stato accoglie il ricorso del ministero

Sono stati accolti gli appelli del ministero dei Beni culturali contro le due sentenze del Tar del Lazio che avevano dato ragione al Campidoglio. Esulta Franceschini: «Fatta davvero giustizia»

Una foto del Colosseo (Ansa) Una foto del Colosseo (Ansa)
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Il Consiglio di Stato dà il via libera al parco archeologico del Colosseo e dice sì anche alla nomina anche di direttori stranieri del parco stesso. La Sesta sezione del Consiglio di Stato, con due sentenze pubblicate lunedì, ha accolto gli appelli del ministero dei Beni culturali contro le due sentenze del Tar Lazio che avevano accolto i ricorsi di Roma Capitale in relazione all’istituzione del Parco archeologico del Colosseo e alla nomina con selezione pubblica internazionale del suo direttore.

Le sentenze

Nelle sentenze depositate il Consiglio di Stato si pronuncia su tre questioni: quella del necessario coinvolgimento di Roma Capitale nel processo decisionale; quella della fonte istitutiva; quella in merito al conferimento dell’incarico di direzione del Parco archeologico del Colosseo anche a cittadini non italiani. La prima riguarda la necessità di coinvolgere, per assicurare il principio di leale collaborazione, Roma Capitale nella fase di istituzione del Parco archeologico. I giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto che sia necessario distinguere la fase di organizzazione amministrativa da quella di esercizio delle funzioni di valorizzazione del patrimonio culturale. La prima fase, che viene in rilievo con la istituzione del Parco - poiché riguarda la creazione di uffici dirigenziali statali - rientra nell’esclusiva competenza legislativa dello Stato e amministrativa del dicastero. L’esigenza di assicurare il principio di leale collaborazione viene in rilievo nella seconda fase che è quella della gestione dei beni. La seconda questione affrontata dal Consiglio di Stato è relativa alla natura della fonte istitutiva del Parco. I giudici d’appello hanno ritenuto che la legge speciale di disciplina della materia autorizzasse il ministero ad adottare un decreto non regolamentare. La terza questione esaminata ha riguardato la possibilità che incarichi, nello specifico quello di direttore del Parco archeologico, possano essere attribuiti anche a cittadini non italiani. Secondo i giudici di Palazzo Spada, il diritto europeo e la giurisprudenza della Corte di Giustizia ammettono che sia consentita una riserva di posti a soli cittadini italiani, con deroga al principio generale di libera circolazione dei cittadini europei, ma questa riserva è possibile soltanto in relazione a posti che implicano l’esercizio, diretto o indiretto, di funzioni pubbliche, quali sono, in particolare, quelle nei settori delle «forze armate, polizia e altre forze dell’ordine pubblico, magistratura, amministrazione fiscale e diplomazia». Nel caso in esame, il Consiglio di Stato ha ritenuto che il direttore del Parco non è chiamato a svolgere tali funzioni, in quanto il bando di gara gli attribuisce compiti che attengono essenzialmente alla gestione economica e tecnica del Parco. E quindi si è ritenuta legittima - da parte del Consiglio di Stato - la previsione di una selezione pubblica internazionale.

La controversia

Il Campidoglio si era fin dall’inizio opposto alla nuova riorganizzazione delle soprintendenze romane. La sindaca Virginia Raggi e il suo vice nonché assessore alla Cultura, Luca Bergamo, si erano opposti alla nuova riorganizzazione delle soprintendenze romane voluta dal ministero che - tra le altre cose - prevedeva l'istituzione del Parco archeologico del Colosseo, che avrebbe avocato a sé la gestione del Foro Romano, Palatino e Domus Aurea, in quanto «lesiva degli interessi di Roma Capitale». A giugno il Tar del Lazio aveva accolto il ricorso di Roma Capitale contro il ministero dei Beni culturali sull’istituzione del Parco archeologico del Colosseo. «Le disposizioni di legge - avevano scritto i giudici amministrativi - non hanno attribuito al ministro alcun potere di creare un nuovo ufficio dirigenziale generale, come quello istituito per il Parco archeologico del Colosseo». E il ministro Dario Franceschini aveva annunciato il ricorso al Consiglio di Stato.

Franceschini: «Consiglio di Stato fa davvero giustizia»

«La sentenza del Consiglio di Stato fa davvero giustizia. Ora possono ripartire sia il Parco Archeologico del Colosseo che la selezione internazionale del Direttore, bloccati dalla sentenza del TAR del Lazio - così il ministro Franceschini commenta la notizia - Anche Roma, con il Parco Archeologico più importante e visitato del mondo, potrà allinearsi con i musei e i luoghi della cultura che stanno vivendo una stagione di successi grazie alla riforma del sistema museale italiano e ai nuovi direttori, da Pompei a Brera, dalla Reggia di Caserta agli Uffizi e Capodimonte. Tutti i Sindaci e i Comuni italiani coinvolti hanno apprezzato e condiviso la riforma e i suoi risultati, tranne il Comune di Roma che prima ha pensato di bloccare tutto, ricorrendo al TAR, poi ha esultato come se una sentenza di primo grado fosse definitiva. Ora possiamo andare avanti con riforme e innovazione e sono davvero felice di annunciare che del Consiglio di amministrazione del nuovo parco archeologico farà parte Irina Bokova, il direttore generale dell'Unesco. Sono stati spesi fiumi di parole su giornali e social network con giudizi affrettati e perentori sugli errori giuridici che il Mibact avrebbe commesso, in quantità almeno equivalente allo stupore per la sentenza sulla stampa internazionale. Ora mi attendo, per onestà professionale, altrettanti articoli riparatori».

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