Milano, 20 marzo 2017 - 15:58

Il capo dell’Fbi sotto giuramento:
indaghiamo su legame Trump-Mosca

E sulle intercettazioni smentisce l’attuale presidente: «Non c’è nulla che confermi accuse a Obama»

(Epa) (Epa)
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DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
WASHINGTON — Il direttore dell’Fbi, James Comey, conferma ufficialmente che «sono in corso indagini su possibili collegamenti tra lo staff della campagna di Donald Trump e le interferenze della Russia nel processo elettorale». È la prima volta che Comey conferma ufficialmente e pubblicamente questa attività investigativa. Lo ha fatto nell’audizione della Commissione Intelligence della Camera dei rappresentanti, cominciata alle 10 di mattina del 20 marzo e seguita in diretta tv da milioni di americani.

La bugia di Trump su Obama

Comey ha anche escluso in modo secco che Barack Obama abbia dato ordine di intercettare i telefoni di Donald Trump. Il presidente degli Stati Uniti aveva accusato il suo predecessore con un tweet: «Non abbiamo alcuna informazione che possa confermare il contenuto di quel tweet», ha dichiarato Comey, spiegando poi che le leggi richiedono l’autorizzazione di un giudice prima di procedere a qualsiasi tipo di sorveglianza a carico di un cittadino americano. Comey ha anche commentato ironicamente il giudizio di Trump che aveva accusato Obama di «maccartismo». «Mi è molto difficile addentrarmi in ogni tipo di “ismo”, compreso il maccartismo», ha detto il direttore dell’Fbi.

«Un’accusa ridicola»

L’ammiraglio Michael Rogers, direttore della National Security Agency, l’organismo che si occupa della sicurezza del territorio nazionale, ha sottoscritto le conclusioni di Comey su Obama: «Non abbiamo evidenze che ci siano state intercettazioni. Nessuno ci ha chiesto di avviare questo tipo di operazione ed è corretta la reazione dei nostri alleati britannici che hanno definito “ridicola” l’ipotesi di un loro coinvolgimento».

I molti «no comment»

L’audizione oscilla tra il tema della Russia e quello delle fughe di notizie, a seconda delle domande. I deputati democratici insistono sul dossier che porta a Mosca. I repubblicani mettono in rilievo la gravità dei «leaks», le indiscrezioni sulle indagini in corso. Comey, però, non ha offerto altre informazioni di rilievo: una lunga serie di «no comment» sul ruolo dei russi, sull’eventuale «coordinamento» tra collaboratori di Trump e di Vladimir Putin.

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