11 giugno 2021 - 14:28

Paola Pigni, morta a 75 anni la regina del mezzofondo italiano

Capace di vincere in numerose discipline, è stata primatista mondiale nei 1500 e bronzo olimpico. Ha cambiato il volto di questo sport

di Marco Bonarrigo

Paola Pigni, morta a 75 anni la regina del mezzofondo italiano
shadow

Era la regina del mezzofondo italiano. Paola Pigni, 75 anni, è morta a Roma per un malore improvviso. In mattinata l’ex azzurra aveva partecipato alla cerimonia per la Festa dell’Educazione alimentare nelle scuole nella tenuta presidenziale di Castel Porziano alla quale era presente anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Paola Pigni era all’evento con la rappresentanza delle Legends di Sport e salute. Subito dopo si è sentita male, è stata immediatamente trasportata all’ospedale Sant’Eugenio dove però è deceduta.

La testimonianza

Veniva volentieri nelle scuole romane a raccontare la sua storia di donna e atleta ai ragazzi e alle ragazze, spronandoli a muoversi, a camminare, a correre per vincere la pigrizia che li teneva incollati ai video giochi. Esordiva puntualmente con «mi fa piacere che qui ancora qualcuno si ricordi di me» ironico e mai rancoroso. Ma di base Paola Pigni aveva ragione: lo sport italiano aveva e ha dimenticato una delle pioniere dell’epoca moderna, un’atleta trasversale (dalla velocità alla maratona) in un periodo a cavallo tra i Sessanta e i Settanta in cui certe discipline erano interdette o sconsigliate alle donne.

Le battaglie

Paola capace di battersi alla pari con il resto del mondo e soprattutto con chi (russe e tedesche) era, come diceva lei stessa «dopato fino al midollo». Per capirne la cifra qualitativa, quando fu terza in finale ai Giochi Olimpici di Monaco (a due centesimi dall’argento) del 1972, Paola Pigni corse quei 1500 metri in 4’02”85, in quello che quasi 50 anni dopo resta ancora il secondo miglior tempo italiano di sempre sulla distanza dopo il record di Gabriella Dorio. «Quel bronzo — spiegava sempre — in realtà fu il furto della mia medaglia d’oro da parte di due dopate. La storia poi mi diede ragione: russe e soprattutto tedesche vennero decimate dalle malattie».

Gli esordi

Figlia di Enrico, tenore giramondo, e di un’artista spagnola, Paola nacque a Milano nel 1945 e cominciò a gareggiare da ragazzina come velocista, nell’unica fascia di distanze che si ritenevano adatte alle donne. Allungati gli obbiettivi («Mi piaceva correre a lungo» spiegò), conquistò un bronzo olimpico e uno europeo nei 1500 (non c’erano i mondiali), vinse due rassegne iridate di cross, le Universiadi e i Giochi del Mediterraneo. Nel 1969 — e per due mesi — fu l’unica azzurra nella storia a detenere un primato del mondo nelle discipline olimpiche di corsa — quello dei 1500 metri — mentre dal 1973 al 1977 fu titolare anche di quello (nobilissimo) del miglio.

I primati

Sul fronte italiano, Pigni fu la sola a stabilire tutti i primati nazionali su pista, dai 400 fino ai 10 mila metri che all’epoca si correvano solo in forma sperimentale. Il 31 dicembre 1971 — senza nessun allenamento specifico — fu tra le prime in Italia a concludere una maratona, quella di San Silvestro a Roma, chiudendola pochi secondi sopra le tre ore. Paola Pigni sposò il suo allenatore, Bruno Cacchi, e il matrimonio fece discreto rumore per i 15 anni di differenza tra il professore e la sua allieva. Cacchi (morto due anni fa) fu l’artefice dei successi di Paola prima di diventare commissario tecnico delle nazionali di atletica e pentathlon moderno.

Dopo le gare

Terminata l’attività agonistica a causa di una serie di fratture ai piedi, Paola Pigni, che lascia due figli, si laureò in scienze motorie, ebbe una breve attività politica nel Psi di Bettino Craxi e lavorò come dirigente sportiva. «La vita — raccontava — per me non è mai stata facile. Avendo perso mio padre a 23 anni dovevo lavorare e allenarmi. Prima seduta alle 5 del mattino nelle strade di Milano, seconda in pista la sera. Correvo con gli uomini perché il mezzofondo era all’epoca uno sport da uomini. Ma io non mi sono mai fatta problemi». Due anni fa a Montecarlo Paola venne invitata dalla federazione mondiale di atletica a una serata di gala che radunava tutti i primatisti del mondo del miglio viventi. Con lei anche Gabriella Dorio, che il primato non lo stabilì ma a Los Angeles vinse l’oro olimpico sui 1500 metri. «Feci il record mondiale — 4’29”5 — a Viareggio nel ‘73», raccontò in quell’occasione a Emanuele Audisio: «volendolo fortemente e migliorandolo di quasi sei secondi. Ero così tesa che avevo freddo, eppure era agosto. Io con le yards mi trovavo bene, il miglio è una gara bella, strana, assurda, 1609 metri e qualcosa, non 1610. Io correvo anche le campestri, mi piaceva il terreno fangoso, e mi prendevano per matta, quella fatica era un inferno, non era per una donna, a me invece garbava».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT