5 maggio 2021 - 07:54

Luana D’Orazio, nella stanza della ragazza di 22 anni morta sul lavoro: «Era in fabbrica per il suo bimbo»

A Pistoia un via vai di parenti e amici senza parole. La musica, il profumo nuovo, il bagnetto al figlio. La mamma non ha più lacrime: «Ieri dovevamo festeggiare, era bello tutto di lei»

di Elvira Serra, inviata a Pistoia

Luana D'Orazio, nella stanza della ragazza di 22 anni morta sul lavoro: «Era in fabbrica per il suo bimbo»
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PISTOIA — Il tiramisù è rimasto in frigo. «Era il mio compleanno, sa? Dovevamo festeggiare. E invece ha visto che regalo?». I carabinieri hanno suonato alle 13.40 di lunedì, loro avevano finito di pranzare, suo marito Francesco era salito in camera a riposare. «Non può essere un incidente stradale, ho pensato quando ho aperto la porta, Luana finisce il turno alle due. Ma avevano certe facce così serie che non sono riuscita a non chiederlo: è morta mia figlia?». Luca, il primogenito, ha cominciato a gridare: «Babbo, babbo, scendi! È successo qualcosa!». E Alessio, il nipote, l’ultimo nato del 2015 all’ospedale di Pistoia, una bella fotonotizia sul quotidiano La Nazione, continuava a chiederle: «Nonna, perché piangi? Sono cattivi quelli?».

Le parole di Emma Marrazzo, la madre di Luana

Emma Marrazzo non ha più lacrime mentre racconta la figlia impigliata nel rullo, nella stanza dove dormivano insieme: lei, Luana e il bambino. «Francesco e Luca stanno nell’altra, lui ha più bisogno. Ha una tetraparesi spastica dovuta forse al parto prematuro, è arrivato alla ventinovesima settimana. Oggi ha 30 anni. Tutto il lavoro, tutto l’amore, tutti i sacrifici che abbiamo fatto io e Francesco, li abbiamo fatti per loro: per lui e per Luana».

«Lei e il fidanzato, una coppia perfetta»

In un angolo le statue di Maria, di Giuseppe, degli angeli, di Bernadette di Lourdes, di Sant’Antonio da Padova, della Madonna di Medjugorje, sembrano un faro che serve ad Emma per non schiantarsi. I rosari sulla cassettiera e sulla porta sono salvagenti per non annegare. «Aveva dormito dal fidanzato, l’ultima notte. Erano così belli insieme. Una coppia troppo perfetta: la morte li ha dovuti separare». Luana e i suoi ventidue anni sbucano come una scintilla dagli occhi dei gatti disegnati sulle ciabatte di plastica vicino al letto, dai profumi allineati sul comodino, dalle creme per la cellulite che si era convinta di avere e che sua madre le spalmava la sera prima di dormire. «La rivedo sabato, in questa stanza, nascosta dietro la porta del bagno. Stavo facendo la doccia ad Alessio e brontolicchiavo perché non volevo che prendesse freddo. Allora il bambino ha protestato: “Basta, voglio la mia mamma splendente”. E lei era già lì, e il suo sorriso è diventato immenso».

Luana Luana

Il cordoglio della comunità

Il giorno dopo la tragedia impronunciabile — un’operaia tessile che muore inghiottita dall’orditoio, secondogenita di Emma, casalinga calabrese di 53 anni, e di Francesco D’Orazio, pensionato di 58, a sua volta mamma di Alessio, un bambino di cinque e mezzo — nella casa gialla alla periferia di Pistoia è un via vai di parenti e amici che non sanno cosa dire. Andrea Rubini è venuto da Novara per supportare i genitori nel percorso legale che andrà intrapreso. Luciana indossa i panni di cerbero per dissuadere chi suona il campanello. Arriva il vescovo, monsignor Franco Tardelli, che il giorno prima aveva commentato che nel 2021 non si può morir così sul posto di lavoro: «Non voglio fare processi a nessuno, ma qualcuno dovrà prendersi la responsabilità di questa tragedia». Ha portato a Emma un rosario da Gerusalemme, che lei tiene ancora in mano quando torna di sopra, nella stanza di Luana, e spruzza a una nipote un po’ del nuovo profumo che la figlia aveva comprato da poco. «È di Jean Paul Gaultier, l’aveva pagato 80 euro».

La telefonata della datrice di lavoro

Un pupazzo dei Minions riempie di giallo il comodino vicino alla finestra. «Non è stata una bella relazione, quella con il padre del bambino. Non ha nemmeno chiamato per farci le condoglianze, ma va bene così: Alessio non ha bisogno di lui, ci siamo noi, per lui, lo abbiamo cresciuto noi». Luciana entra con il telefonino in mano: «Senti, è importante». È la direttrice della Nazione, Agnese Pini, che avvisa di voler aprire una sottoscrizione per aiutare il bambino e chiede se è d’accordo. «La datrice di lavoro di Luana, invece, mi ha chiamato prima. Si chiama come mia figlia. Poverina, è distrutta pure lei, sta malissimo. Mi ha chiesto se voglio vedere il macchinario dell’incidente, quando sarà dissequestrato. Le ho detto va bene».

La convivenza

All’obitorio di Prato c’è andato Francesco. «Ma Luana non l’ha vista, glielo hanno sconsigliato. Gli hanno raccontato che il cellulare di nostra figlia ha squillato tutto il giorno e tutta la notte». Perché Luana di amici ne aveva, era sempre allegra. «Conosceva a memoria tutte le canzoni, era meglio di un jukebox. Guardava tutte le puntate di Amici, aveva fatto un corso per fare la manicure e per truccare le spose. Poi due anni fa era andata in fabbrica: avrebbe dovuto cominciare il corso da apprendista, ma poi c’era stato il Covid. Era contenta. Con il fidanzato, Alberto, aspettavano di avere abbastanza soldi per convivere».

I ricordi della madre

Francesco entra ed esce e parla poco. Ha perso i genitori in un incidente stradale quando aveva tre anni. Si illumina di una luce triste quando parla del primogenito. «Luca ama i motori: ha incontrato Vettel e Valentino Rossi già due volte. C’è un ragazzo che lo ha preso a cuore, aveva un fratello come lui, e quando può lo porta in giro». Della loro figlia che faceva le capriole già nella pancia della mamma, tanto era vivace, adesso restano i dettagli quotidiani, interni giorno di una famiglia semplice. Li accende Emma, con un piccolo sorriso. «Luana amava le penne al ragù, il sugo col tonno, le lasagne. Per giocare con Alessio, che è un torellino, si sdraiava qui nel lettone e se lo prendeva al collo, così non sentiva il peso. In quinta elementare le comprai il primo cellulare, un Samsung rosa: avevo chiesto alle maestre se lo poteva tenere in classe solo per rispondere a me, ero un po’ apprensiva. Questo che ho adesso era il suo, me lo aveva dato dopo che Alberto gliene aveva regalato uno nuovo. Era tutto bello, di lei. Le devo dire altro?».

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