Alec Baldwin e la tragedia sul set, parla «l’armiere» di Gomorra: «Vi spiego perché in Italia non potrebbe succedere»

di Stefania Ulivi

Luca Ricci: «Usiamo armi modificate e cartucce a salve. Fatico a capire la dinamica di questo incidente»

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«Da noi una cosa simile non potrebbe succedere. E pur conoscendo le differenze dei set americani da quelli europei, faccio fatica a capire la dinamica di questa tragedia». Luca Ricci risponde al Corriere al telefono dalla Romania dal set di Django, la serie diretta da Francesca Comencini. È uno dei più conosciuti armieri del cinema italiano, figlio d’arte: dagli anni Cinquanta la sua famiglia è un punto di riferimento per ciò che riguarda esplosioni e armi di diverse epoche, nonché di effetti speciali. Una filmografia sterminata, serialità compresa: Nirvana, Gomorra, Il partigiano Johnny, Acab, Romanzo criminale, Suburra, Zero zero zero, solo per citare alcuni titoli.

Alec Baldwin con una pistola scenica ha colpito a more la direttrice della fotografia Halyna Hutchins , sul set di «Rust». Perché dice da noi non potrebbe succedere?
«Perché in Italia, come in Europa, i controlli sono rigorosi e infatti non è mai successo nulla di grave. Le armi che si usano nel nostro mondo sono modificate , hanno delle occlusioni, viene inserita una spina passante che impedisce la fuoriuscita del proiettile. E prima di portarle sui set devono passare l’esame del Banco nazionale di prova, una struttura che ha sede a Brescia e regola la conformità delle armi in Italia, anche le nostre».

E i proiettili?
«Sono cartucce a salve, diverse anche visivamente, con una chiusura a stella, priva della parte terminale di quelle vere, che è quella che ferisce e uccide. E a noi armieri è richiesto di avere una licenza».

Un porto d’armi?
«No, una abilitazione ad hoc, facciamo esami in questura per il maneggio e l’uso delle armi sceniche».

Qual è esattamente il vostro ruolo al momento delle riprese di un film o una serie?
«Affittiamo le armi, anche d’epoca, a seconda dell’ambientazione, le portiamo sui set, le carichiamo, se occorre, le consegniamo a attori o stuntmen prima delle scena e li istruiamo, spieghiamo il funzionamento di pistole, fucili, pugnali. Ci raccomandiamo di maneggiarle con attenzione, puntarle verso terra appena possibile. E le recuperiamo alla fine delle riprese».

Non sarebbe più sicuro usare pistole giocattolo oppure armi vere ma scariche, simulando poi gli spari in post-produzione?
«L’effetto è diverso, si vede quando è finta. Gli attori stessi recitano in modo non altrettanto veritiero».

Non esistono comunque dei rischi?
«Il massimo che può succedere è qualche piccola abrasione. Lavoriamo in sicurezza. Ma, intendiamoci, occorre attenzione anche quando le controfigure corrono in macchina o si arrampicano».

Uno degli incidenti più assurdi fu quello in cui morì Jon-Erik Hexum, si uccise giocando una 44 Magnum lasciata incustodita.
«Quello non si può definire un incidente. Una follia lasciare armi incustodite. Non è ancora chiaro cosa sia successo sul set di Rust, ma mi pare anche in questo caso si vada al di là dell’incidente, non riusciamo a comprendere. A quanto so le regole sono diverse, ma anche se non hanno una legislazione rigida come la nostra, sono persone di grande esperienza. Non è un Far West». Eppure è stato come lo fosse.

22 ottobre 2021 (modifica il 24 ottobre 2021 | 09:15)