17 febbraio 2021 - 21:14

Camorra, morto Raffaele Cutolo

Il boss mafioso, fondatore della Nuova camorra organizzata, era recluso in regime di 41 bis in un reparto dell’ospedale di Parma

di Fulvio Bufi

Camorra, morto Raffaele Cutolo
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Raffaele Cutolo è morto. Una setticemia del cavo orale ha stroncato a 79 anni la vita del boss che fondò la Nuova Camorra Organizzata e che fu protagonista di quella che probabilmente resta la più sanguinosa stagione di guerra tra le cosche della criminalità organizzata. Cutolo stava scontando numerose condanne all’ergastolo e da molti mesi era recluso in regime di 41 bis in un reparto dell’ospedale di Parma. (Leggi anche “La ferocia, l’astuzia, i segreti” di Titti Beneduce)


Il suo avvocato, Gaetano Aufiero, aveva più volte presentato istanza di trasferimento agli arresti domiciliari per gravi motivi di salute, ma il Tribunale aveva sempre respinto, rilevando nell’eventuale ritorno a casa di Cutolo, un pericoloso segnale che avrebbe potuto ridare forza criminale a tutti quei suoi ex affiliati che oggi sono di nuovo in libertà. Solo tre giorni fa il difensore del boss aveva presentato l’ultima richiesta, stavolta solo di attenuazione del regime detentivo. Chiedeva, cioè, l’eliminazione delle restrizioni del 41 bis. Ma l’istanza non era stata ancora esaminata. Era invece arrivata la concessione a Immacolata Iacone, moglie del boss e madre della figlia concepita in provetta, di un colloquio straordinario, che si sarebbe dovuto svolgere in questi giorni. Immacolata Iacone ha ricevuto la telefonata da Parma in cui le è stata comunicata la morte di suo marito, mentre era pronta per partire per la cittadina emiliana.

Cutolo si porta nella tomba una infinità di omicidi, qualche inconfessabile segreto che ha sempre detto di conoscere ma mai ha voluto svelare, e la più lunga detenzione al 41 bis che un recluso italiano abbia mai fatto: trentaquattro anni e due mesi. Quando, nell’ottobre del 1986, fu istituito il carcere duro, lui era già un detenuto sottoposto alla massima sicurezza, e da allora non ha mai ottenuto alcuna attenuazione del regime detentivo. Né lui ha mai fatto passi verso la giustizia che potessero indurre i giudici a valutare positivamente le tante istanze - prima di uscita dal 41 bis e poi di detenzione domiciliare - presentate dall’avvocato Gaetano Aufiero, che lo ha assistito negli ultimi anni. Cutolo non ha mai dato segnali di pentimento e nemmeno di collaborazione con i magistrati, anche solo per ricostruire una fase storica della camorra napoletana in cui la sua Nco comandava su tutti gli altri clan, e lui, seppure sempre da detenuto (a eccezione di un breve periodo di latitanza dopo l’evasione dal manicomio giudiziario di Aversa) governava le carceri e ogni genere di attività illecita che veniva svolta all’esterno.

Trattava con uomini dei servizi segreti e con i politici che gli chiesero di mediare con le Brigate Rosse per la liberazione di Ciro Cirillo, assessore regionale fedele ad Antonio Gava per il quale la Dc si mosse come non aveva fatto per Moro, pagando addirittura un riscatto. E soprattutto veniva ricompensato con gli appalti miliardari per la ricostruzione in Irpinia, che arrivarono a pioggia alle imprese guidate da uomini di sua fiducia. Tutte cose emerse nelle aule di giustizia, eppure lui ha sempre continuato a ripetere che se avesse voluto, avrebbe potuto rivelare segreti in grado di terremotare lo Stato. Non lo ha mai fatto, e mentre lui minacciava e lanciava messaggi, tutti i potenti dei suoi tempi sono usciti di scena, lo Stato è cambiato e se Cutolo aveva davvero messo da parte un tesoro di segreti, quel patrimonio è diventato solo un accumulo di monete fuori corso. Forse dieci anni fa lo ha capito lui stesso, quando ha deciso di seppellirsi ancora di più: rinuncia alla socialità, che spetta anche ai detenuti al 41 bis. Smette di uscire dalla cella per la passeggiata all’aria, smette di interagire con altri reclusi e con gli operatori e i volontari. Solo ai colloqui con la moglie Immacolata Iacone e con la figlia (nata tredici anni fa grazie alla fecondazione assistita) non rinuncia. Una volta al mese parla con loro. Poi, se parla, parla da solo. Nel frattempo invecchia precocemente. Accusa numerose patologie, comincia ad avere problemi anche con la memoria. Fino al ricovero in ospedale, dove le sue condizioni peggiorano ulteriormente. Cutolo alterna fasi di lucidità a momenti in cui non riconosce nemmeno la moglie.

In uno degli ultimi colloqui la figlia scappa piangendo, perché il padre non la guarda nemmeno in faccia, mentre invece scambia la moglie per una cognata morta da anni. Il suo avvocato chiede che possa andare ai domiciliari, anche restando in ospedale. Ma i giudici dicono di no. Cutolo è stato troppo potente e pericoloso per poter essere considerato ora soltanto un vecchio ammalato. La sua uscita dal circuito carcerario - scrive il Tribunale di sorveglianza di Bologna - «sarebbe un accadimento eclatante» con «effetti dirompenti» sugli equilibri criminali in Campania. Nel nome di Cutolo, insomma, qualcuno avrebbe potuto ricominciare a uccidere. Che lui lo volesse o no.

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