20 aprile 2019 - 20:38

Treviso, l’ospedale assume dieci medici romeni: «Costano meno». Zaia: «È una sconfitta»

Assomed: «Nel pubblico condizioni di lavoro impossibili, si preferisce cercare camici bianchi low-cost». Il governatore: «In Veneto mancano 1300 specialisti»

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TREVISO Sta facendo parlare la decisione dell’Usl 2 Marca Trevigiana di assumere dieci medici romeni (non hanno ancora firmato il contratto, sono in corso le trattative con l’Università di Timisoara, città gemellata con Treviso), visto che quelli italiani disertano i concorsi. «Da tempo la direzione aveva annunciato di voler ricorrere a colleghi stranieri — rivela Pasquale Santoriello, delegato dell’Anaoo Assomed, sigla degli ospedalieri — ma non certo per la carenza di specialisti italiani. La verità è che da anni il sistema pubblico sta creando condizioni di lavoro tali da allontanare i migliori professionisti nazionali, perché preferisce cercare camici bianchi low cost. Costano meno e sono sempre contenti. Fanno loro un contratto base di 2500 euro al mese, che per il tenore di vita dell’Est sono bei soldi, e via. Dopodiché — aggiunge il sindacalista — non sappiamo se abbiano la nostra stessa preparazione, abbiamo chiesto lumi all’Ordine dei Medici. E se succede qualcosa ai malati, che succede?».

Chirurghi al lavoro (foto di archivio)
Chirurghi al lavoro (foto di archivio)

Il governatore

Sulla questione interviene il governatore Luca Zaia: «È una sconfitta ricorrere a medici stranieri, ma è il segno dei tempi. Ha fatto bene il direttore generale dell’Usl 2, Francesco Benazzi, a provvedere alle esigenze di questo comparto sanitario per garantire la continuità assistenziale. Va infatti ricordato che in Veneto mancano 1300 specialisti, 56mila in Italia. Per colmare tale gap bisogna drasticamente e urgentemente cambiare la programmazione a livello di formazione universitaria. Io sono per eliminare il numero chiuso a Medicina, se non altro perchè non possiamo selezionare un bravo chirurgo a 19 anni con un test di ammissione, ma lo dobbiamo vedere in sala operatoria. E poi — aggiunge il presidente — va rivisto il modello delle Scuole di specialità. Spieghiamo ai cittadini che un neolaureato non può fare il medico, deve prima completare la specializzazione per lavorare in ospedale o diventare dottore di famiglia».

L’Osservatorio

E a proposito della carenza di camici bianchi, secondo le proiezioni dell’Osservatorio nazionale sulla Salute nelle regioni italiane, sarà rimpiazzato solo il 75% dei 56mila medici che il Sistema sanitario nazionale perderà nei prossimi anni. All’appello ne mancheranno 14mila. Ma al momento, secondo l’Osservatorio, la situazione del Veneto non è peggiorata dal 2013, anzi è migliorata, passando da 8001 a 8045 medici, per un leggero aumento dello 0,6%, a fronte del -5,2% dell’Emilia, del -4% del Friuli e del -2% della Toscana. Per non parlare del -16,4% del Molise o del -10,2% della Basilicata. La nostra regione sembra rimasta costante, con una media di 1,6 camici bianchi per mille abitanti, ma si accosta al resto d’Italia per l’invecchiamento della categoria. Quasi il 52% dei dottori ha oltre 55 anni: percentuale che sale al 61% tra gli uomini e si attesta al 38% tra le donne. Tra i 50 e i 59 anni la quota si ferma al 41%, tra i 40 e i 49 anni al 23%. Dal 2013 è aumentata di quasi il 10% la quota di camici bianchi ultra sessantenni: la variazione è del 7% al Nord, dell’8% al Centro e del 14% al Sud.

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