7 novembre 2018 - 06:05

Marco Carta, il fidanzato e l’assenza del padre: «Voglio un figlio» | Video

Il vincitore di Amici e di Sanremo: «Lotterò per adottarlo. Gli insulti? Una minoranza. Mi sono sempre chiesto se nell’omosessualità ho cercato il papà che non ho avuto»

di Candida Morvillo

Marco Carta (foto Bettolini) Marco Carta (foto Bettolini)
shadow

Le lacrime che non ha pianto in televisione mentre faceva coming out a Domenica Live, arrivano adesso. Marco Carta, in t-shirt nera, tatuaggi e orecchino, è nella sua casa discografica e, qui e per un momento, non è più il cantautore che ha vinto un Amici, un Sanremo e un Tale e Quale Show, e non ha più 33 anni, ma è di nuovo il bambino di dieci che ha appena perso la madre e già sa cos’è la morte, perché due anni prima se n’è andato anche suo papà. «Mi portarono da zia Sabrina», racconta, «che ha una famiglia meravigliosa. Le ho chiesto: e adesso io dove vado? Avevo le lacrime agli occhi, avevo paura che mi mettessero in orfanotrofio. Lei e zio Carlo mi hanno adottato, ma per anni ho temuto che gli assistenti sociali mi portassero via. Arrivavano all’improvviso per verificare che io e mio fratello fossimo tenuti bene e io, tutti i giorni, sentivo nonna nella testa che mi diceva: pulisci il bagno, tieni la stanza in ordine, se no, arrivano e sono guai».

Perché la commuove più questo ricordo che il coming out in sé?
«Perché, da adolescente, ho avuto due fidanzate, però latente c’era sempre un pensiero che mi faceva paura e, se cercavo di scacciarlo, era un mostro che si faceva ancora più grande. Il pensiero era: se sarò omosessuale, non avrò figli. Mi ripetevo “non avrò figli. Non avrò figli”. E io, più di tutto, voglio una famiglia».

Il faccia a faccia col «mostro» quando è avvenuto?
«A 21 anni, un ragazzo mi ha baciato. Sono rimasto immobile, ho trattenuto il fiato. È stato così forte... La notte non ho dormito, ma ho sentito che era la mia strada».

Le coppie omosessuali non possono adottare né ricorrere alla fecondazione assistita. Ha fatto pace con l’idea di non avere figli?
«Non ci sono possibilità che rinunci, ma ci sono possibilità di evadere dalla situazione. Io figli ne avrò».

Marco Carta e non solo, com'è difficile fare coming out in Italia. Altre sette storie
Marco Carta

Con la parola «evadere» intende «andare all’estero»?
«Intendo come un’esplosione che disinnesca il sistema. Non voglio un “Cartino” col mio Dna, credo che l’utero in affitto sia inumano, sia un traffico. Io voglio un figlio che agganci la mia storia. Ho avuto una famiglia stupenda e i miei zii non erano i miei genitori. Il mondo è pieno di bambini che chiedono solo di essere adottati. Io voglio lottare affinché l’adozione sia concessa alle persone come me».

Un figlio senza madri non la turba?
«Sono stato cresciuto da due etero, con l’idea che avrei amato una donna e non è andata così. Perché dobbiamo credere che se avessi avuto invece due mamme o due padri sarei stato in automatico omosessuale? Io so che posso dare a un bambino un amore enorme e che questa, per lui, è l’unica cosa che conta».

Perché nel nuovo singolo, «Una foto di me e di te», mette insieme il giorno in cui non incontrò suo padre e quello del primo bacio a un ragazzo?
«Avevo sei anni, papà aveva un’altra famiglia e non l’avevo mai conosciuto. Quel giorno, stava venendo da me e io mi sono seduto sulle scale ad aspettarlo due ore prima e non è mai arrivato. Due anni dopo, è morto. La rabbia è stata tanta. E tutta inutile. Ero più arrabbiato con la morte che con lui. Ho unito i due ricordi perché mi sono sempre chiesto se, nell’omosessualità, ho cercato quello che non ho avuto».

L’amore di un uomo?
«È una domanda che mi faccio ancora. Non ho risposte, però so che sono felice di quello che sono».

È nata prima la canzone o la decisione di uscire allo scoperto?
«Ci pensavo da due anni, ma gli zii e nonna, che avevano capito tutto facendomi sentire sempre accolto, temevano le reazioni e che fossi bullizzato. Quando ho deciso, è nata la canzone e, quando è nata e la cantavo, mi tremava la voce e piangevo. La cosa più difficile era esternare il dolore per mio padre, che è stato il mio punto di riferimento, eppure non c’era. È un dolore che ho sempre nascosto e, a quel punto, mi addolorava nascondere l’amore per il mio compagno, non potergli dare la mano per strada».

Da quando ha un compagno?
«Da tre anni, non è famoso, non gli interessa diventarlo».

All’unione civile pensa?
«Non ce lo siamo chiesti, ma sicuramente succederà».

Negli ultimi dieci anni, è stato con due ballerine di «Amici». Erano fidanzamenti di copertura?
«Con Valentina Mele ho voluto darmi una possibilità. Mi restava quel pensiero fisso, ma lei non lo sapeva. Con Valentina Tristano, abbiamo fatto foto che si potevano equivocare, lei ha dato un’intervista poco chiara, ma eravamo solo amici e lei sapeva tutto».

Pubblicamente, ha taciuto per non perdere le fan?
«Solo perché non ero pronto. Dev’esserci la libertà di dire certe cose e di non dirle. Sono rimasto sorpreso dall’affetto arrivato dai social. Chi mi ha insultato è una minoranza. A uno che mi ha dato del malato, ho risposto: vedi di scappare che sono pure contagioso».

A Barbara D’Urso ha detto che sogna libertà anche sulla scrittura. Farà canzoni per due lui?
«Immagini Biagio Antonacci quando canta “se lei se io”. Io vorrei arrivare a “se lui se io”».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT