23 aprile 2018 - 10:50

Salah Abdeslam condannato in Belgio a 20 anni per tentato omicidio

Francese naturalizzato belga, è giudicato non per i fatti di Parigi (per cui si indaga ancora) ma per la sparatoria avvenuta a Bruxelles il 15 marzo 2016

di S.Mor.

Salah Abdeslam Salah Abdeslam
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Salah Abdeslam, l’ultimo dei sopravvissuti del commando terrorista che ha colpito Parigi il 13 novembre 2015, è stato condannato a 20 anni di carcere dal tribunale di Bruxelles per tentato omicidio, attività terroristica e possesso illegale di armi (non quindi per l’attentato al Bataclan nel quale persero la vita 130 persone, strage per la quale si continua a indagare, ndr). L’episodio riguarda la sparatoria di Rue Du Dries a Forest del 15 marzo del 2016, pochi giorni prima gli attentati del 22 marzo contro la capitale belga, nella quale rimasero feriti 4 poliziotti. La stessa pena è stata inflitta anche a Sofien Ayari. Nessuna attenuante è stata riconosciuta dai giudici. La presidente del tribunale ha sottolineato che Abdeslam e Ayari — che non erano presenti in aula al momento della lettura della sentenza — hanno dimostrato «un completo disprezzo per la vita altrui».

La sentenza di 88 pagine

Come si legge nella sentenza di 88 pagine, è «incontestabile» che i due avessero come obiettivo quello di far parte di un gruppo terrorista e che si muovessero come tali. I due erano «galvanizzati dall’ideologia salafita», scrivono i giudici. Dopo la sparatoria di Forest i due riuscirono a scappare, e Salah fu arrestato quattro giorni dopo in un appartamento di Bruxelles. Dopo altri quattro giorni, tre kamikaze si fecero esplodere nell’aeroporto e nella metropolitana della capitale belga.

L'avvocato: «Valuteremo l'appello»

Sven Mary, l'avvocato di Abdeslam, ha annunciato la possibilità di un ricorso in appello contro la condanna a 20 anni di carcere: «Analizzeremo la sentenza da cima a fondo», in particolare la procedura. «Vedrò con Abdeslam qual è il suo desiderio, se vuole fare ricorso in appello o no», ha spiegato. L'avvocato delle parti civili, Maryse Alié, si è invece detta «soddisfatta» della sentenza, in particolare per il fatto che «il tribunale abbia ritenuto che sparare contro dei poliziotti con armi da guerra è un atto di terrorismo».

La prima udienza: «Ho fiducia in Allah»

A febbraio Abdeslam era stato trasferito a Bruxelles dal carcere francese di Fleury Merogy, per assistere alla prima udienza del processo, durante la quale si era rifiutato di testimoniare. Il suo avvocato sostenne che quello scontro a fuoco non potesse configurare «un reato di tipo terroristico». In quell’occasione pronunciò solo poche parole: «Quello che constato è che i musulmani sono trattati nel peggiore dei modi, non c’è presunzione d’innocenza. Non ho paura di voi né dei vostri alleati, ho fiducia in Allah», disse durante l’udienza, rifiutandosi di rispondere alle altre domande dei giudici. «Il mio silenzio non fa di me né un criminale né un colpevole, è la mia difesa, vorrei che ci si basasse su prove scientifiche».

La vita da Bruxelles e Parigi

Nato a Bruxelles il 15 settembre 1989 da immigrati marocchini di nazionalità francese, Salah doveva essere l'ottavo attentatore suicida negli attacchi di Parigi, ma fuggì senza azionare la cintura esplosiva, ritrovata in un cassonetto. Il fratello Brahim si fece esplodere in un bar. Dopo le stragi fu ricercato dalla autorità francesi e belghe a Molenbeek, alle porte di Bruxelles, ma avrebbe trovato appoggio insieme ad altri complici in una abitazione del comune di Schaerbeek: era arrivato nell'appartamento all'indomani degli attacchi a bordo di un'auto guidata dal suo amico di infanzia Ali Oulkadi, già arrestato. Fuggì per evitare di essere catturato durante due perquisizioni della polizia nel comune a nord-ovest della capitale belga. In un primo momento si era pensato che fosse fuggito in Siria, ipotesi poi esclusa dai servizi segreti.

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