Toni Santagata, padre della Puglia nel mondo

diLino Viola

C’è un momento in cui la Regione ha cominciato ad acquisire visibilità nell’immaginario degli italiani. Negli Anni ‘70, effetto delle canzoni e del cabaret di un ragazzo di Sant’Agata, in provincia di Foggia

La grande bellezza della Puglia quasi non fa più notizia. Tutti vogliono vivere e andare in vacanza nella regione che «vanta il meglio dell’Italia meridionale: i ritmi di vita, le tradizioni, la bellezza dei luoghi», come ha scritto il National Geographic. La Puglia fa tendenza nel mondo. Ma per tanto, troppo tempo non è stato così.

C’è un preciso momento in cui la Puglia ha incominciato ad acquisire visibilità propria nell’immaginario degli italiani. Avvenne negli anni Sessanta. E fu l’effetto delle canzoni e del cabaret d’un ragazzo di Sant’Agata di Puglia che, per sensibilità morale, scelse di cambiare il suo cognome, Morese, con il nome del paese dov’era nato

Era il suo mondo. E con quella realtà nel cuore Toni Santagata andò a proporsi con coraggio, candore e orgoglio. Volle cantare e recitare nel suo dialetto sui palcoscenici di tutto il mondo, in un tempo in cui la Puglia era considerata, culturalmente, terra incognita. In quegli anni la gente partiva dalla Puglia per cercare fortuna nell’Italia del triangolo industriale. L’unico turismo veniva dagli emigrati di ritorno per le vacanze. Erano quelli del ciao-neh: gli accenti e i modi di dire settentrionali fatti propri per subalternità.

Erano anni in cui il valore nazionalpopolare delle culture dei territori non era considerato un ostacolo all’omologazione funzionale al consumo, ma veniva esaltato secondo quell’idea, per dirla come Jacques Prévert, che la bellezza si chiama plurale. La ricchezza espressiva del patrimonio culturale italiano trovava così considerazione.

La gente capiva. La gente approvava. E Toni Santagata fu ancora una volta il protagonista del momento in cui la Puglia divenne, mediaticamente, una realtà definitivamente presente. Accadde nel 1974 con la sua vittoria a Canzonissima nell’allora inedita sezione folk con una canzone in dialetto, Lu maritiello, spinta dal voto degli italiani attraverso l’invio d’una marea di cartoline.

Il segreto era semplice: cantare e intrattenere con gusto popolare, sia in italiano che attraverso l’intensità del folk pugliese, senza pretese intellettuali. Ma quell’autenticità dell’animo, in un’Italia ricettiva alle sue molteplicità artistiche o anche soltanto comunicative, determinò un’istintiva trasformazione culturale dalle implicazioni profonde e importanti. Fu la critica musicale a riconoscerlo quando, nel 1973, attribuì a Santagata il premio come “miglior poeta”.

Nei giorni scorsi un commosso e riconoscente Gennaro Nunziante ha detto di lui: «Ci sono uomini ai quali si deve così tanto che, non essendo semplice restituire ciò che si è ricevuto, si preferisce dimenticarli». Nella regressione culturale degli ultimi decenni, dove al gusto nazionalpopolare e alle implicazioni di crescita culturale che sottintendeva è stata sostituita l’urgenza plebea e sterile dell’autoaffermazione, è normale che un pioniere come Toni Santagata sia stato sottovalutato.La Puglia che arriva su Lonely Planet è figlia della commozione d’un ragazzino di Sant’Agata che a dodici anni scriveva a una fidanzata immaginaria: «Quist è lu paes che addor d paravis ,quest’ è la Puglia mia /te l’aggia fa’ vedé».

La newsletter del Corriere del Mezzogiorno

Se vuoi restare aggiornato sulle notizie della Puglia iscriviti gratis alla newsletter del Corriere del Mezzogiorno. Arriva tutti i giorni direttamente nella tua casella di posta alle 12. Basta cliccare qui.


Instagram

Siamo anche su Instagram, seguici https://www.instagram.com/corriere.mezzogiorno/

12 dicembre 2021 2021 ( modifica il 12 dicembre 2021 2021 | 11:31)