31 maggio 2020 - 22:05

Morto Christo, il maestro della Land Art che impacchettava la storia

L’artista Christo Vladimir Javacheff è morto a 84 anni: tra le molte sue opere — sempre realizzate con la moglie Jeanne-Claude, scomparsa nel 2009 — i Floating Piers del 2016 sul Lago d’Iseo

di PIERLUIGI PANZA

Morto Christo, il maestro della Land Art che impacchettava la storia L’artista Christo Vladimirov Javacheff sull’installazione The Floating Piers, installata nel 2016 sul Lago di Iseo
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Per gli italiani resterà per sempre l’artista che ci ha fatto camminare sulle acque, quelle del Lago di Iseo, da Sulzano a Monte Isola. Era il 18 giugno del 2016 quando Christo, americano di origine bulgara che di cognome faceva Vladimir Javacheff, tagliò il nastro della sua installazione The Floating Piers, una rete di pontili coperti di teli arancioni della lunghezza di tre chilometri. Nessuno poteva immaginare che da quel giorno verso la sconosciutissima Sulzano si sarebbero messi in processione un milione e mezzo di persone con auto, treni, pullman e mezzi di fortuna che restavano imbottigliati e bloccati nel traffico chilometri e chilometri prima. Una calca leggendaria che oggi, a meno di cinque anni ma dopo il coronavirus, sembra un’immagine d’epoca, una cartolina seppiata. Né lui, né il curatore, l’appena scomparso Germano Celant, si aspettavano tanto successo. «Nel corso di tre mesi — disse Christo quasi a giustificarsi — rimuoveremo tutto e lasceremo il lago d’Iseo come se non fossimo mai stati qui». Mantenne a tal punto questa promessa che se oggi uno si ferma alla stazione del traghetto di Sulzano non c’è una sola traccia di quello che fu: il mondo è scivolato nell’immateriale e servono i filmati per vedere quello che fu. Ma lui, questo, lo sapeva.

Fu vera arte? Vera non ha senso chiederselo; se l’arte è commozione, evasione, un quarto d’ora di vita sconosciuta e felicità in un mondo parallelo questa la fu certamente e gli imballaggi di Christo e Jeanne-Claude, sua moglie, scomparsa nel 2009, lo furono da quando — era il 1962 — bloccarono rue Visconti a Parigi con un muro di barili d’olio.

La copertina di Christo per «la Lettura» #52 dell’11 novembre 2012
La copertina di Christo per «la Lettura» #52 dell’11 novembre 2012

Dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Sofia e la fuga da Praga per scappare al regime del blocco comunista, Christo, scomparso ieri a 84 anni nella sua abitazione di New York per cause naturali, attraversò l’Austria, la Svizzera e la Francia iniziando a lavorare nel solco del Nouveau Réalisme. Ma dal ’64, quando si trasferì con la moglie negli Stati Uniti, gli enormi spazi della frontiera americana gli fecero aprire gli occhi sull’impresa della vita e trovare compagni di viaggio. La Terra, il Monumento, il Grandioso erano il territorio d’avventura artistica e i suoi compagni erano alcuni degli artisti che nell’ottobre 1968 furono rappresentati nella mostra Earth Works organizzata da Robert Smithson: Michael Heizer, Walter De Maria, Robert Smithson, Dennis Oppenheim e gli altri protagonisti della Land Art.

Fuori dalle gallerie, fuori dai musei, fuori dal circuito: tra il 1972 e il ’76 Christo realizza una recinzione continua di nylon lunga 40 chilometri a nord di San Francisco: il bianco verticale contrasta con l’ocra del terreno creando un muro simbolico che si gonfia al vento. Poi inizia gli imballaggi: imballa il Reichstag, il Pont Neuf, la Fontana del mercato di Spoleto, imballa Porta Pinciana… e anche, nel 1970, il monumento di Ercole Rosa a Vittorio Emanuele (1896) in piazza del Duomo a Milano. Non andò benissimo: insorsero monarchici e benpensanti e il telo che copriva la statua — e creava un effetto di straniamento — durò due giorni. Christo e la moglie, allora, si spostarono al di là della Galleria, salirono su una lunga scala e impacchettarono la statua di Leonardo da Vinci e allievi realizzata da Pietro Magni nel 1872. Durò una settimana senza successo.

Quella del packaging è un’espressione tipica della postmodernità, è la creazione di un involucro-maschera. Ma in Christo l’effetto che si ottiene è il contrario: la sua è un’azione di occultamento. L’agire sul territorio, e l’accento sul processo — quasi ingegneristico — di realizzazione di un’opera testimonia, come spiegò il critico Robert Morris, il superamento dell’idea che «il lavoro sia un processo irreversibile che si conclude con uno statico oggetto-icona» da consegnare alla storia. Riemerge così nella Land Art di Christo la settecentesca tematica del sublime naturale e artificiale come alternativo al bello in opposizione radicale all’artificiosità, all’estetico, alle creazioni iconiche della Pop Art e pure al suo contrario, la Minimal Art. Come molte altre azioni concettuali e performative anche quelle di Christo trovarono i loro finanziamenti in forti sostegni di mecenati e nella vendita di progetti e modellini, poi anche in quella di fotografie autenticate dell’opera che raggiunsero costi ragguardevoli. Per «la Lettura» Christo aveva realizzato, nel novembre 2012, la copertina del numero 52 che raffigurava una mastaba artificiale coperta d’arancione, colore diventato suo segno distintivo dal 2004 quando aveva realizzato un percorso di settemila portici, e lungo diversi chilometri, nel Central Park di New York.

Un grande tumulo, non una tomba borghese, dovrebbe vegliare sul suo riposo.

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