11 maggio 2018 - 11:22

Salone del Libro, spunta la fusione tra Circolo e Fondazione

Chiamparino e la soluzione che non appesantisce il bilancio

di Gabriele Ferraris

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La storia comincia con il Chiampa che mi fa una mezza cazziata — lui la chiama «precisazione» ... — per aver insinuato che il Salone, una volta venduto il marchio, potrebbe andarsene da Torino; e mi dice che no, figurarsi, è ovvio che chi compera il marchio dovrà impegnarsi a farlo a Torino, il Salone: e dovrà scegliere in accordo con la Regione e il Comune il direttore editoriale — Lagioia, e chi verrà dopo di lui. Io annuisco, interessato, e gli rispondo che sì, sì, non dubito, andrà come dice lui.

Poi Chiamparino mi conferma, pur con cautelosi distinguo, che sarà la Fondazione Cultura — cioè il Comune — a occuparsi dei contenuti culturali del Salone; e mi snocciola un discorso complicato sul ruolo del Circolo dei Lettori, che ci sarà e non ci sarà, forse collaborerà, vedremo, ci sono dei meccanismi che devono ancora essere messi a punto. E alla fine del discorso complicato viene fuori la parola «fusione». Sì, mi dice il pensoso Chiamparino, in prospettiva si può arrivare a una fusione, una Fondazione unica con la mission di sostenere il libro e la cultura... Vabbè, campa cavallo, penso io: una «fusione» fra fondazioni mica la improvvisi in quattro e quattr’otto, e invece fra un anno in Regione governerà chissà chi, e chissà che cosa vorrà fare.

Giusto per sfizio, però, interrogo il Chiampa su chi comanderebbe in quella «Fondazione unificata», dato che il Circolo dei Lettori è un’emanazione della Regione; e lui risponde serafico che «in fondo il Salone è a Torino» e dunque comandi pure il Comune. Così la Regione non caccerà più un soldo per il Salone, deduco io. «Ma che dici! — s’inalbera il vispo Chiampa. — È ovvio che faremmo una convenzione per finanziarlo». Bravo lui. Tanto una convenzione fa fine e non impegna: dura tre anni, poi bisogna rinnovarla. E nel frattempo può capitare di tutto. Le parole del Chiampa mi lasciano un paio di impressioni forti. La prima è che per il Circolo dei Lettori l’avvenire sia nebuloso; e la seconda è che il callido Sergio stia tirando una sola memorabile all’ingenua Chiarabella, allettata dalla prospettiva di egemonizzare il Salone.

Da come si sta mettendo, il Comune tramite la Fondazione Cultura rimarrà senz’altro arbitro unico del Salone: potrà indirizzare ogni scelta su temi, ospiti, linee editoriali — insomma, avrà il potere politico. Ma non sarà gratis. La Regione potrà, prima o poi, di chiamarsi fuori, non rinnovando la convenzione e interrompendo il finanziamento. E intanto — in attesa della remota e problematica fusione — il Circolo dei Lettori, ovvero la Regione, non si appesantirà il bilancio assumendo parte dei dipendenti dell’ex Fondazione per il Libro, che finirebbero tutti e dodici a carico del Comune. E se poi arriverà davvero la fusione con il Circolo dei Lettori, altre bocche da sfamare si aggiungeranno. Sempre sul conto di Palazzo Civico. Per la serie «hai voluto la bici, adesso pedala».

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