È morto a 80 anni, il 18 agosto scorso (ma la notizia è trapelata solo ieri), il disegnatore Sergio Zaniboni, colonna del fumetto italiano, per oltre 35 anni matita di «Diabolik». Torinese, ex radiotecnico dell’Enel, dopo aver lavorato come grafico pubblicitario debutta nei fumetti a 30 anni, sulla rivista «Horror». Nel 1969 esordisce su «Diabolik», fino a diventare, col suo tratto morbido e brillante, la «mano» per eccellenza del personaggio delle sorelle Giussani — nonché il copertinista della serie, dal 1999 al 2013.
L’uso di «quinte» e piani diversi per mettere in scena i personaggi, lo stile insieme realistico e sintetico, nitido, magnificente di Zaniboni intrecciano fascinazioni diverse, tra cui la ligne claire degli autori belgi e la passione per cinema e fotografia, che lo aiutarono a superare il timore di non saper disegnare i quadrupedi, quando disegnò il suo «Texone», Piombo rovente, che esce nel giugno 1991 su testi di Claudio Nizzi. «Ho fatto delle riprese al maneggio vicino a casa mia: volevo imparare a far bene i cavalli», ci confidò anni fa. Ne uscì un capo Aquila della Notte «un po’ insolito, ma pur sempre dinamico e affascinante, immerso in un segno grafico dall’esaltante, moderno bianco e nero», disse Sergio Bonelli.
«Zaniboni», commenta Mario Gomboli, direttore generale di Astorina, «ha dato a Diabolik, e soprattutto a Eva Kant, la loro inconfondibile impronta grafica. Con lui scompare un pezzo di storia non solo del Re del Terrore, ma di tutto il mondo del fumetto italiano».