Gino Strada, dall’Afghanistan all’Uganda, l’impresa di un dottore che odiava la guerra

di Marta Serafini

Dall’Afghanistan passando per l’Iraq e la Sierra Leone, vita di un medico che è stato sempre dalla parte dei più deboli

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Oggi, venerdì 13 agosto, è morto Gino Strada. Aveva 73 anni. Medico, filantropo, attivista, nel 1994 Strada ha fondato la ong umanitaria Emergency

«Io non sono pacifista, sono contro la guerra». Era il suo mantra. Che ripeteva tra una Marlboro rossa e l’altra, con la voce roca. Arrabbiato sempre per una giusta ragione il dottor Gino aveva nel cuore le guerre dimenticate di cui nessuno vuole sentire parlare. E non ha mai smesso di ripeterlo nemmeno quando l’hanno costretto a smettere di fumare.

L’Afghanistan sopra tutti, dove ha costruito l’ospedale di Kabul con le sue stesse mani, insieme a Kaka Hawar il suo braccio destro conosciuto nel Kurdistan iracheno. In quella stessa Kabul che ora è minacciata dai talebani, Strada era arrivato nel 1998, dopo aver lavorato con il Comitato internazionale della Croce Rossa. Raggiunge via terra il nord del Paese dove, l’anno dopo, apre il primo progetto nel Paese, un Centro chirurgico per vittime di guerra ad Anabah, nella Valle del Panshir, oggi è diventata tra le altre cose uno dei centri maternità più rinomati del Paese dove le donne partoriscono in sicurezza. Un’oasi di pace in un Paese tormentato da una guerra infinita. Poi Strada resta in Afghanistan per circa 7 anni, operando migliaia di vittime di guerra e di mine antiuomo e contribuendo all’apertura di altri progetti nel Paese. Un’istituzione che ha reso Emergency rispettata da tutti, talebani compresi, anche a Lashkar Gah, nell’Helmand dove è tutt’ora in funzione un altro ospedale e dove lo staff di Emergency è tutt’ora al lavoro così come a Kabul mentre infuria il conflitto.

La sua filosofia era creare dei centri chirurgici per le vittime di guerra all’avanguardia che poi potessero essere lasciati alla popolazione locale e ai medici. Odiava la guerra, odiava l’intervento Nato in Afghanistan che definiva un’invasione, un abuso e un sopruso, odiava le armi. Quando i talebani prendono Kabul nel 2001 per un certo periodo è costretto a sospendere le attività. Poi ritorna con un viaggio rocambolesco. Sempre dalla parte dei civili andando oltre gli schieramenti politici. Ma non c’era solo l’Afghanistan nel suo cuore. Anche l’Iraq, dove nel Kurdistan iracheno ha fondato una clinica di riabilitazione per le vittime di mine a Sulaymaniyya intitolata alla prima moglie Teresa morta nel 2009 dopo una lunga malattia. Un’altra eccellenza dove sono stata salvate migliaia di vite che ha reso Emergency nota a livello internazionale.

Nel corso della sua vita sono tanti i posti dove Emergency è arrivata e le battaglie che ha combattuto. Il Sudan con il centro di cardiochirurgia di eccellenza, ma anche Ebola in Sierra Leone, fino all’ultimo ospedale pediatrico costruito in Uganda con l’amico archistar Renzo Piano.

Noto per il suo pessimismo e per le sue sfuriate, Strada era rispettato e noto tra gli imprenditori milanesi, come il patron dell’Inter Massimo Moratti che insieme alla moglie Milly sono tra i maggiori sostenitori di Emergency. Ma non solo il Dottor Gino era capace di stare seduto coi potenti e i più umili. Sempre al fianco di chi combatte battaglie, come le ex operaie delle fabbriche bresciane che producevano mine anti uomo e sempre in prima fila alle manifestazioni contro la guerra e contro il fascismo. Con un unico obiettivo, sempre lo stesso: stare dalla parte dei meno forti. Che era quella la sua ragione di vita: curare i più vulnerabili.

Perché come scriveva in Pappagalli Verdi, uno dei suoi libri più belli, «Tutte le guerre sono un orrore. E che non ci si può voltare dall’altra parte, per non vedere le facce di quanti soffrono in silenzio».

13 agosto 2021 (modifica il 13 agosto 2021 | 17:58)