Milano, 10 dicembre 2017 - 22:52

Pattinaggio, Zahra Lari alza il velo: «L’Islam, il ghiaccio e il sogno dei Giochi»

Lari, pattinatrice e pioniera in hijab: a capo coperto per scelta: «Voglio essere la prima atleta degli Emirati all’Olimpiade invernale e ispirare le ragazze musulmane»

In azione Zahra Lari, 22enne di Abu Dhabi, Emirati Arabi Uniti, impegnata in una trottola sul ghiaccio. A Oberstdorf, lo scorso ottobre, ha tentato di ottenere il punteggio sufficiente per partecipare, in base al ranking Isu, all’Olimpiade di Pyeongchang 2018, al via in Corea del Sud tra due mesi. Zahra, musulmana praticante, è considerata un modello da imitare per tutte le teenager mediorientali. È testimonial della Nike In azione Zahra Lari, 22enne di Abu Dhabi, Emirati Arabi Uniti, impegnata in una trottola sul ghiaccio. A Oberstdorf, lo scorso ottobre, ha tentato di ottenere il punteggio sufficiente per partecipare, in base al ranking Isu, all’Olimpiade di Pyeongchang 2018, al via in Corea del Sud tra due mesi. Zahra, musulmana praticante, è considerata un modello da imitare per tutte le teenager mediorientali. È testimonial della Nike
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«Essere musulmana praticante è la parte più importante della mia vita, del mio cuore, delle mie giornate». Dall’ovale del hijab spunta Zahra Lari, 22 anni, la prima pattinatrice con il velo della storia del ghiaccio. Ruqaya Al-Ghasra (Bahrein) lo indossò nelle batterie dei 100 metri ai Giochi di Atene 2004; Ibtihaj Muhammad (Usa), bronzo a squadre a Rio 2016 (dove fecero furore le egiziane del beach volley Doaa Elghobashy e Nada Meawad, a testa coperta e in tuta sulla spiaggia di Copacabana dove le avversarie giocavano in bikini), sulla pedana della scherma. Dai tempi di Nawal El Moutawakel, primo oro di una donna musulmana all’Olimpiade (400hs a Los Angeles ‘84), ne è passato di sport sotto l’hji ab delle ragazze.

Zahra è la prima sottozero. A Canazei, nell’aprile 2012, al debutto internazionale junior, ricevette dalla giuria un punto di penalizzazione (come quando si cade rovinosamente) perché il velo non era ammesso. «Non provo rancore — racconta da Abu Dhabi, dove vive: cielo sereno con nuvolosità sparsa e ventiquattro gradi, ieri; non esattamente la temperatura ideale per allenarsi per un’Olimpiade dietro l’angolo —. I giudici all’epoca non avevano mai visto nessuna atleta pattinare con l’hijab, che non era permesso: cos’altro avrebbero potuto fare se non applicare le norme?». Grazie a lei, la Federghiaccio internazionale ha cambiato l’articolo 501 del regolamento: «Uno dei giorni più felici della mia esistenza. Io, la mia famiglia e i miei amici abbiamo festeggiato a lungo. Un’onda lunga di ispirazione ha coinvolto le comunità musulmane e arabe del Medio Oriente. Un segnale di libertà per tutte noi ragazze». Qualcuno l’ha letto come un messaggio oscurantista, invece, Zhara: «Io alle mie coetanee occidentali non invidio niente — risponde decisa —. L’hijab è un’estensione di ciò che sono: non ho mai pensato di pattinare senza. Lo stereotipo più fastidioso che ci accompagna è che tutte le donne musulmane siano oppresse, vessate e costrette a indossare il velo. È esattamente il contrario: siamo velate per scelta e non per obbligo».

La mamma di Zhara è anche la sua manager: Roquiya Cochran, originaria del North Carolina, ha conosciuto il marito Fadhel degli Emirati Arabi Uniti all’Università di Atlanta, quando si era già convertita all’Islam. La sua coach è Alexandra Ievleva, 30enne russa, ex pattinatrice. La scintilla tra Lari e il ghiaccio è scoccata a 12 anni, guardando il film Disney «Ice Princess» («Il modo in cui venivano rappresentate la bellezza e le caratteristiche dello sport mi ha irrimediabilmente conquistata»). L’inizio non è stato facile: «Mamma temeva che il pattinaggio mi distraesse dallo studio, facendo peggiorare i miei voti a scuola. Papà temeva che per una ragazza competere nello sport fosse contrario alla tradizione e alla nostra cultura. Ma un giorno in cui mi vide particolarmente triste gli si spezzò il cuore e mi diede il permesso di cominciare ad allenarmi allo Zayed Sports City Ice Rink della nostra città. Da allora è il mio più grande tifoso».

Rispettando i precetti del Ramadan («Nel mese di digiuno insegno pattinaggio ai bambini e mi alleno dopo le preghiere e l’Iftar, il pasto serale dei musulmani. Di solito una tazza di zuppa. Sono molto fortunata: il cibo che mangio è preparato da mia madre»), diffondendo lentamente i semi della cultura degli sport invernali negli Emirati («Siamo nel deserto, nessuno pensava che il pattinaggio fosse un vero sport: lo associavano più a un gioco, un passatempo, al massimo alla danza»), allenandosi quattro ore al giorno sei giorni alla settimana, Zahra ha piazzato la bandierina degli EAU sul mappamondo del ghiaccio. «Mi piace molto Carolina Kostner: è una pattinatrice stupenda che ammiro per la sua arte». Purtroppo la rincorsa ai Giochi di Pyeongchang 2018 è rimasta incompiuta: Lari può solo contare su una wild card del Cio. Ma guarda già oltre: «Sogno di essere la prima atleta degli Emirati a rappresentare il mio Paese ai Giochi invernali e al Mondiale. Vorrei essere considerata un punto di riferimento dalle ragazze musulmane e una pioniera nel mio sport. Sono musulmana, velata, vivo a 40 gradi ma mi ostino a pattinare». Zahra Lari è un ossimoro vivente, pronto a decollare per un triplo Axel.

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