Milano, 30 agosto 2017 - 18:50

Usa, la difficile estate di Cristoforo Colombo: decapitato un busto a New York

Continuano gli attacchi ai monumenti del navigatore genovese. «Non ha scoperto l’America, l’ha invasa», sostengono i detrattori

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Quella di Cristoforo Colombo, negli Stati Uniti, è stata un’estate tormentata, culminata ieri a Yonkers, città-sobborgo di 200 mila abitanti appena a Nord di New York, lungo il fiume Hudson, con la decapitazione di un busto in gesso che vegliava sul Columbus Memorial Park. A rinvenire i resti della testa spaccata in due, non lontano dal piedistallo, è stato un passante italoamericano, che ha immediatamente avvertito la polizia. «Condurremo un’indagine accurata, e vedremo cosa uscirà fuori», ha affermato alla stampa il commissario di Yonkers Charles Gardner, poco dopo il ritrovamento. Non è la prima volta che Colombo si ritrova vittima dei vandali a Yonkers: dodici anni fa la statua in bronzo che originariamente adornava il parco cittadino fu rubata e mai ritrovata. Stavolta, però, il navigatore genovese è stato trascinato nella guerra delle statue che sta funestando gli Stati Uniti, e che si è intensificata dopo i tragici scontri di Charlottesville in cui hanno perso la vita tre persone: il movimento contro il suprematismo bianco, che inizialmente si limitava ai monumenti di generali e soldati confederati nel Sud degli Stati Uniti, improvvisamente si è esteso in tutti gli Stati Uniti, prendendo di mira i «simboli d’odio e di divisione razziale» e finendo per coinvolgere Italo Balbo a Chicago e lo stesso esploratore genovese.

Gli standard universali di De Blasio

A Colombo viene rinfacciato il trattamento riservato alle popolazioni indigene nei Caraibi e nell’America del Sud al momento dello sbarco nel nuovo Continente, al punto che venerdì scorso a Columbus Circle — la piazza newyorkese a lui intitolata, appena 25 chilometri a Sud rispetto al parco di Yonkers — un gruppo di manifestanti chiedeva la rimozione della statua dell’esploratore donata alla città nel 1892 dalla comunità italoamericana, della quale è un simbolo. «Colombo non ha scoperto l’America, l’ha invasa», sostenevano i cartelli dei dimostranti. A scatenarli era stata la richiesta di rimozione fatta della presidentessa del consiglio comunale Melissa Mark-Viverito e il successivo annuncio del sindaco italoamericano Bill De Blasio, che pochi giorni dopo aveva inserito la statua fra i monumenti che dovranno essere valutati in novanta giorni — e con «standard universali», ha precisato il primo cittadino — da un’apposita commissione, che deciderà quali monumenti suggeriscono «odio, divisione, razzismo, antisemitismo o qualsiasi altro messaggio che sia contrario ai valori della città», e per questo andranno rimossi.

I monumenti sotto attacco

Gli attacchi a Colombo, però, non si fermano qua. A Baltimora, in Maryland, una statua di Colombo eretta nel 1792 è stata distrutta a martellate. A Detroit, in Michigan, i manifestanti contro il suprematismo bianco hanno avvolto il monumento del 1910 all’esploratore in un drappo nero che, con l’ausilio di un pugno del black power, chiedeva: «Reclamiamo la nostra storia». A Houston, in Texas, una statua donata alla città dalla comunità italoamericana nel 1992, nel cinquecentenario della scoperta delle Americhe, è stata imbrattata di vernice rosso sangue. A Oberlin, in Ohio, il consiglio comunale ha approvato una risoluzione che abolisce il Columbus Day – il secondo lunedì d’ottobre, quest’anno il 9, festa nazionale negli Stati Uniti – sostituendolo con l’Indigenous People Day, la festa delle popolazioni indigene. Statue di Colombo sono sotto accusa anche a Lancaster (Pennsylvania), a Columbus (Ohio) e a San Jose (California), dove già nel 2001 un uomo provò a distruggere con un martello il monumento all’esploratore eretto in municipio, urlando «assassino»: fu arrestato e condannato a pagare 66 mila dollari per restaurare la statua.

Una guerra controproducente

Oltre alla comunità italoamericana — furiosa per essere accomunata alle classi bianche e privilegiate —, in difesa di Colombo si è schierato anche il giornalista Robert Kuttner, fondatore e direttore della rivista della sinistra americana The American Prospect, l’uomo che pubblicò il celebre sfogo dell’ex stratega capo della Casa Bianca Steve Bannon. «Rimuovere le statue di Washington, Jefferson o Colombo servirà a curare le ferite della storia o sarà carne fresca in mano a tutti i Bannon?», si chiede Kuttner, riferendosi alla destra alternativa e populista che potrebbe continuare a guadagnare consensi mentre la sinistra si sgretola litigando con la storia, come presagiva lo stesso Bannon: «Se la sinistra resta concentrata su razza e identità e noi puntiamo sul nazionalismo economico, distruggeremo i democratici», sosteneva l’ex capo stratega. «Non possiamo cancellare la storia, ma dobbiamo accettarla», spiega il giornalista americano. «Non credo che prendere a martellate le statue di Washington, Jefferson e Colombo servirà a qualcosa».

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