2 novembre 2018 - 13:43

Muore in cella Francesco Barbaro
Era il boss «storico» della ‘ndragheta

Ciccio «‘u Castanu», 91 anni di Platì, è morto giovedì sera nel carcere di Parma dove era detenuto da tre anni all’ergastolo. Ha guidato la più importante e potente cosca della ‘ndrangheta calabrese con propagini in tutto il mondo: dall’America all’Australia

di Cesare Giuzzi

Muore in cella Francesco Barbaro Era il boss «storico» della ‘ndragheta
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Quando lo hanno scarcerato, nel 2013, dopo più di vent’anni di cella per sequestro di persona, Francesco Barbaro, benché 86enne aveva l’abitudine di svegliarsi all’alba e dedicarsi allo yoga. Dalla sua Platì (Reggio Calabria), arrampicata sulle coste dell’Aspromonte, ha guidato la più importante e potente cosca della ‘ndrangheta calabrese alla conquista del Pianeta. Perché i Barbaro sono arrivati ovunque, dall’America all’Australia. Il boss Francesco Barbaro, 91 anni, detto Ciccio «‘u Castanu», è morto giovedì sera alle 22.40 al carcere di Parma dove era detenuto da tre anni.

L’omicidio e l’ergastolo

A riportarlo dietro le sbarre – lui detenuto più anziano d’Italia — una condanna all’ergastolo insieme al nipote Antonio Papalia di Buccinasco (Milano) per l’omicidio del brigadiere Antonino Marino, ucciso a Bovalino (RC) la sera del 9 settembre del ‘90. A riaprire il caso, oltre vent’anni dopo, una intercettazione raccolta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano. Una sorta di confessione per interposta persona del delitto che è valsa a Ciccio «‘u Castanu» il carcere a vita.

La ‘ndrina Barbaro

La sua famiglia è considerata la più antica e potente dell’Aspromonte. I Barbaro sono un clan con radici fortissime nei cartelli sudamericani della cocaina e all’interno del mondo politico e amministrativo calabrese. Ma anche lombardo. Francesco Barbaro in questi ultimi anni era diventato una sorta di “feticcio” per i suoi discendenti, adorato come una reliquia anche dai pronipoti ormai sparsi in ogni parte del mondo. E soprattutto a Milano, dove Corsico e Buccinasco sono feudi delle famiglia, e in Piemonte, a Volpiano. Barbaro era stato arrestato per la prima volta negli anni settanta scontando sei anni per associazione a delinquere, poi la condanna per un sequestro di persona avvenuto in Calabria nel 1989. Per gli investigatori il suo era il nome più pesante tra i vecchi boss, se non altro perché il più anziano discendente ancora in vita dei coniugi Francesco Barbaro e Marianna Carbone che all’inizio del secolo scorso hanno dato origine alla stirpe dei Barbaro. Famiglia divisa in vari rami (Nigri, Pillari, Rosi) e appunto Castani (dal soprannome di Francesco) e legata a tutte le più importanti cosche della ‘ndrangheta: dai Papalia, ai Pelle, ai Perre. Proprio sua figlia Marianna è sposata con il discendente della famiglia Pelle di San Luca, quel Giuseppe figlio del boss Antonio detto Gambazza. Nomi intorno ai quali si sono sanciti patti e alleanze che hanno permesso ai clan di Platì e a quelli di San Luca di evitare conflitti e faide che ne avrebbero indebolito il potere. Dei figli di Ciccio sono ancora vivi Giuseppe, detto «‘u Charly», recentemente scarcerato per motivi di salute e oggi residente nel Riminese,e Rocco, detto «‘u Sparitu», catturato un anno fa da latitante e condannato a 16 anni per associazione mafiosa a Milano dove aveva acquistato un bar a due passi dal Duomo.

L’ascesa in Lombardia

Proprio Rocco Barbaro, secondo le ultime indagini, aveva ereditato la guida della Lombardia, ossia la «succursale» milanese (e non solo) delle cosche calabresi Ciccio «‘u Castanu» non era una figura assimilabile ai boss di Cosa Nostra Provenzano e Riina. Se non su un piano del carisma. Anzitutto perché la struttura stessa della ‘ndrangheta non prevede un «capo dei capi», ma soprattutto perché non sfidò mai lo Stato. Anzi, spesso fu lo Stato a scendere a patti con i Barbaro. Perché il loro immenso potere arrivava fino a Roma, perché in Calabria non si poteva governare prescindendo da questi uomini, cresciuti in una manciata di case, coltivando terra brulla e allevando pecore. Ma dominando un impero.

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