Berlusconi cercherà un federatore (dopo il voto per il Quirinale)

di Francesco Verderami

Dovendo scegliere, il leader di Forza Italia vorrebbe salire al Colle e tenere Draghi al governo. Ma fosse per lui, l’attuale premier dovrebbe guidare l’Italia anche dopo il 2023

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Da sinistra: Berlusconi, Meloni e Salvini

Potesse, Berlusconi starebbe contemporaneamente al Quirinale e a Palazzo Chigi. Perché Berlusconi resta sempre Berlusconi. Dovendo scegliere, vorrebbe salire al Colle e tenere Draghi al governo. Ma non fino al 2023: fosse per lui, l’attuale presidente del Consiglio dovrebbe guidare l’Italia anche nella prossima legislatura. Almeno così dice, siccome — al contrario degli alleati — annusa il vento che spira nel Paese e dispiega le vele per sfruttarlo a proprio vantaggio. E tanto basta per capire quale sia l’opinione sui due «allievi», che a suo modo di vedere non sono cresciuti abbastanza. Su Salvini aveva investito come «goleador» con una campagna televisiva in grande stile, ma è rimasto deluso per il modo in cui si è perso a un passo dalla porta, intestardendosi nei tackle con la Meloni. Che giudica verace.

Il centrodestra rimarrà comunque la sua casa, perché è l’uomo del bipolarismo e perché la sola idea dei «centrini» gli fa venire l’orticaria. E allora, al momento opportuno, bisognerà trovare un «federatore» dell’alleanza. Ieri il sito Tpi ha tracciato gli identikit di tre potenziali candidati che il Cavaliere starebbe già coltivando: «Un grandissimo imprenditore del Nordest ben visto anche dal centrosinistra», «un rappresentante delle istituzioni famoso ma non in ambito politico» e «un grande manager da sempre a lui vicino». Berlusconi ha sempre privilegiato la scelta degli «uomini del fare»: dal pastaio al gelatiere li ha tentati tutti. Anche se alla fine li ha masticati tutti.

«Ma il tema del federatore — secondo l’udc Cesa — è un problema del futuro. Silvio oggi vive il presente». E nei suoi sogni — che la sentenza di assoluzione per il processo Ruby-ter rende più vividi — il leader di Forza Italia si muove tra il Colle e la tenuta di Castelporziano. Al vertice dell’altro ieri Salvini e Meloni gli hanno garantito che lo voteranno: «Se vorrai, ti sosterremo». Anche se non credono che possa farcela. Eppure lui ci sta provando: il ritorno in Europa, la foto con la Merkel, le interviste sulle grandi questioni internazionali, sono parte di un disegno che comprende il lavoro di «cucina», i contatti con alcuni segretari di partito, il lavorio nel ventre molle del Palazzo, dove molti parlamentari già si sentono degli ex.

A sinistra non gli danno chance, ma è un fatto che siano finiti i sorrisini con i quali commentavano i suoi sforzi e si sia passati ai brividi immaginandolo sul soglio più alto della Repubblica. Perché il capo dello Stato, tra le altre cose, è anche presidente del Csm. E di Berlusconi, nella sua storia politica ultraventennale, si ricordano gli affondi contro le toghe rosse, la giustizia ad orologeria, le persecuzioni giudiziarie... Messo a confronto, il Cossiga che minaccia di mandare un battaglione del Col Moschin a Palazzo dei Marescialli, scolorisce. Adesso però il quirinabile Cavaliere ha assunto una postura istituzionale. Ieri ha difeso in pubblico il ministro dell’Interno dagli attacchi degli alleati, dopo averle fatto pervenire nei mesi scorsi la sua personale solidarietà attraverso Gianni Letta e Confalonieri.

Tutto si tiene. E se poi il gioco — come sembra (quasi) scontato — non dovesse tenere, Berlusconi si acconcerebbe nel ruolo di king maker, ritagliandosi l’immagine di chi è stato decisivo nella scelta del prossimo inquilino del Colle. Da quel momento — se la legge elettorale non dovesse mutare — inizierebbe a pensare al «federatore». E in vista della spartizione dei collegi con gli alleati, metterebbe a frutto quel «garantisco io» con cui ritiene di poter rendere potabili in Europa i due «allievi». Ed è certo che, fornendo questo passepartout internazionale a Salvini e Meloni, strapperebbe molti più seggi in Parlamento di quanti ne otterrebbe con le percentuali odierne di Forza Italia.

Ma la sola cosa che oggi lo eccita è la Grande Corsa. «E lui — secondo Rotondi — vorrebbe arrivare alla presidenza della Repubblica per dimostrare che c’è riuscito. Poi, dopo un paio di anni, lascerebbe a Draghi». E ci mancava. La verità è che con Berlusconi non è mai finita. Persino gli avversari glielo riconoscono: il suo ultimo giro è sempre il prossimo.

22 ottobre 2021 (modifica il 22 ottobre 2021 | 08:43)