20 settembre 2018 - 20:38

Milano, don Mauro Galli condannato a 6 anni per un abuso su un ragazzino

Nel 2011 la tentata violenza su un 15enne. La Curia: vicini a chi ha sofferto. La famiglia della vittima contro Delpini: lamentano di essersi sentiti trascurati dalla Chiesa ambrosiana, tacciata di aver «a lungo sottovalutato il caso»

di Luigi Ferrarella

Il Palazzo di Giustizia di Milano (foto Corner/LaPresse) Il Palazzo di Giustizia di Milano (foto Corner/LaPresse)
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Il Tribunale di Milano ha condannato a 6 anni e 4 mesi don Mauro Galli per violenza sessuale (consistente nell’aver dormito una notte di dicembre 2011 nello stesso letto a due piazze con un allora 15enne e nell’aver tentato un approccio sessuale) quand’era prete nella parrocchia di Rozzano (Milano), e il giovane — emotivamente fragile poi tra evocate possessioni diaboliche, tentativi di suicidio e due anni di scuola persi — si era fermato a dormire a casa sua con il consenso dei genitori (pure molto religiosi) in vista di una giornata di preghiera.

Da subito il 15enne espresse il proprio profondo malessere a suo avviso innescato dall’aver dovuto dormire nello stesso letto, essersi svegliato urlando e essersi ritrovato abbracciato dal sacerdote (che poi, ammettendo il grave errore educativo del letto comune, sosterrà di avergli solo afferrato un braccio per impedirgli di cadere in bilico dal letto): e lo disse sia a scuola sia a un sacerdote (don Alberto Rivolta) amico della famiglia, sia al parroco di Rozzano (don Carlo Mantegazza), al quale i genitori chiesero che don Galli venisse allontanato. In quel momento, però, e ancora per anni fino al 2014, come confermato dalla neuropsichiatra infantile Benedetta Olivari che lo aveva in cura, il ragazzo non parlò mai anche di abusi sessuali.

È sulla base di questo patrimonio informativo che il primo marzo 2012 l’allora vicario generale della diocesi di Milano, monsignor Carlo Redaelli, sposta don Galli da Rozzano a Legnano, territorio nel quale monsignor Mario Delpini (che 4 mesi dopo diventerà vicario generale) lo pone sotto la vigilanza e l’assistenza psicologica di due preti. Resta comunque a operare nella pastorale giovanile, a contatto con altri ragazzi, ed è ciò di cui ancora oggi si dolgono i genitori, che nel settembre 2012 registrano di nascosto un incontro con Delpini che spiega loro: «Il tentativo che è stato fatto è stato quello di metterlo nelle condizioni di essere vigilato e seguito (…) Il mio dovere non è soltanto accontentare voi, ma è di garantirmi... che non fosse nelle condizioni di replicare una leggerezza, un abuso, o una forma di comportamento certamente da condannare (…) Possiamo anche dire che ci sono delle cose da rettificare (…) I dati sono un po’ diversi da quelli che avevo quando ho deciso lo spostamento… adesso dobbiamo riprendere la questione e avere altre garanzie». Infatti i potenziali contatti con altri minorenni finiscono comunque quando il 31 ottobre 2012 don Mauro viene mandato tra i cappellani dell’ospedale Niguarda e il 10 luglio 2013 in un istituto religioso di soli adulti a Roma.

È solo nell’estate 2014 che il ragazzo, oggi 22enne, in lacrime giovedì in aula, aggiunge al proprio racconto allo psichiatra anche il ricordo che don Galli in quel letto a due piazze avrebbe tentato di abusare di lui. La rappresentazione — per la prima volta — di un tentato atto sessuale innesca sia la denuncia penale dei genitori (da cui la condanna decisa ieri dalla V sezione presieduta da Ambrogio Moccia dopo che il pm Lucia Minutella aveva chiesto 10 anni e 8 mesi), sia il processo ecclesiastico con sospensione dal sacerdozio il 18 maggio 2015.

Sempre troppo tardi ad avviso dei genitori, che ancora giovedì, dopo la sentenza a loro formalmente estranea (avendo ritirato la costituzione di parte civile contro il prete dal quale hanno accettato un risarcimento di 100.000 euro), ai microfoni di tg e trasmissioni tv hanno lamentato di essersi sentiti trascurati dalla Chiesa ambrosiana, tacciata di aver «a lungo sottovalutato il caso». Tanto che sventolano la lettera scritta loro nell’aprile 2015 dall’allora cardinale di Milano, Angelo Scola, che rinnovava «le mie scuse e quelle dei miei collaboratori per alcune scelte maldestre», e notava che dalla diocesi «non è stato valutato con adeguato rigore il fatto, già di per sé assai grave, che don Mauro avesse passato la notte con un minore, condividendo lo stesso letto». Ieri l’Arcidiocesi di Milano, retta da Delpini successore di Scola, in un comunicato «prende atto» della sentenza, esprime vicinanza al ragazzo, alla sua famiglia e a tutti coloro che hanno ingiustamente sofferto», e «attende l’esito del processo canonico».

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