15 marzo 2019 - 16:12

Morta Imane Fadil, modella e testimone nel caso Ruby. Lei aveva detto: «Sono stata avvelenata»

La 34enne, testimone chiave dell’accusa nei processi sul caso Ruby, è morta il 1° marzo all’Humanitas. Disposta l’autopsia. Ai familiari e ai suoi legali aveva detto di essere stata avvelenata

di Redazione Milano online

Morta Imane Fadil, modella e testimone  nel caso Ruby.  Lei  aveva detto: «Sono stata avvelenata»
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La Procura di Milano sta indagando sulla morte di Imane Fadil, la modella di origini marocchine di 34 anni testimone chiave dell’accusa nei processi sul caso Ruby, deceduta lo scorso 1° marzo all’Humanitas di Rozzano (Milano) dove era ricoverata da fine gennaio scorso. Lo ha riferito il procuratore di Milano Francesco Greco, spiegando anche che la giovane aveva detto ai suoi familiari e avvocati che temeva di essere stata avvelenata. Sul corpo è stata disposta l’autopsia. Gli esiti degli esami sono stati già trasmessi alla procura. La Procura indaga per omicidio volontario. Intanto l’ospedale ha diffuso nella serata di venerdì una nota: «Al decesso della paziente, il 1 marzo scorso, l’Autorità Giudiziaria ha disposto il sequestro di tutta la documentazione clinica e della salma. Il 6 marzo, Humanitas ha avuto gli esiti tossicologici degli accertamenti richiesti, lo ha prontamente comunicato agli inquirenti», spiegano dall’Humanitas di Rozzano dove era ricoverata Imane Fadil. L’ospedale «ha messo in campo ogni intervento clinico possibile per la cura e l’assistenza» della giovane.

Il malore a gennaio

Fadil, che è stata parte civile nel processo Ruby bis sulle serate a luci rosse a casa di Silvio Berlusconi e che di recente invece è stata estromessa da parte civile nel processo Ruby ter, da quanto riferito si è sentita mala a casa di un amico, da cui viveva, a gennaio e poi il 29 di quel mese è stata ricoverata all’Humanitas di Rozzano, prima in terapia intensiva e poi in rianimazione. La giovane, già prima del ricovero, stando a quanto ha spiegato il procuratore Greco, accusava sintomi tipici da avvelenamento come mal di pancia, gonfiore e dolori al ventre. Quindi è morta il primo marzo dopo «un mese di agonia». Secondo le indagini, la modella marocchina ricoverata prima in terapia intensiva e poi rianimazione, è stata vigile fino all’ultimo, nonostante i forti dolori e il «cedimento progressivo degli organi».

La mancata comunicazione dell’ospedale

Mai nelle settimane in cui la ragazza era ricoverata e nemmeno il giorno della morte, l’ospedale ha comunicato alcunché alla magistratura, sebbene non sono state individuate le cause della morte e non ci sia una diagnosi certa sul decesso. Per questo nell’ambito dell’inchiesta coordinata dall’aggiunto Tiziana Siciliano, verosimilmente per omicidio data l’ipotesi di avvelenamento, gli inquirenti dovranno sentire anche i medici che non sono riusciti a salvarla. Inoltre hanno disposto gli accertamenti sul sangue rilevato alla giovane modella durante il ricovero ospedaliero e l’acquisizione di oggetti personali, documenti scritti e brogliacci di un libro che stava scrivendo e che conservava. È già stato anche sentito in procura il fratello, la persona con cui lei in questo ultimo periodo si sarebbe confidata.

«Una vicenda seria»

Secondo quanto ribadito da Greco, la procura ha saputo della morte della modella solo una settimana fa in quanto informata dal suo legale. Greco ha assicurato che verranno effettuati in tempi brevi «indagini approfondite perché in questo caso c’è stata una morte e quindi bisogna considerarla una vicenda seria».

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