Morto Nicola Tranfaglia, uno storico fedele agli ideali dell’antifascismo

di ANTONIO CARIOTI

Nato a Napoli, docente a Torino, biografo di Carlo Rosselli e di Alberto Pirelli, aveva abbinato ricerca e impegno, in costante polemica contro le tendenze «revisioniste»

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Nicola Tranfaglia (1938-2021)

Ricerca storiografica e impegno civile erano tutt’uno per lo storico Nicola Tranfaglia, scomparso all’età di 82 anni. Biografo di Carlo Rosselli, convinto antifascista, vedeva con estremo sfavore ogni forma di riconsiderazione del regime mussoliniano che giungesse a giudizi diversi dalla condanna che avevano espresso negli anni della lotta gli oppositori delle camicie nere. Riteneva semmai che l’eredità del ventennio pesasse ancora sull’Italia repubblicana e avesse favorito, insieme ad altri fattori degenerativi, la crescita di un populismo diffuso capace di svuotare nei fatti gli istituti della democrazia.

Uomo di sinistra, si era tenuto distante per molto tempo dall’attività politica diretta, poi aveva deciso di scendere nell’agone, ma non era riuscito a trovare una forza nella quale riconoscersi fino in fondo. Dopo un’esperienza nei Democratici di sinistra, aveva aderito al partito dei Comunisti italiani, con il quale era stato eletto in Parlamento nel 2006. Quindi era passato nelle file dell’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro, ma presto erano sorti con il leader molisano dissapori che avevano determinato una rottura dai toni aspri. Spirito indipendente e intransigente, Tranfaglia non si adattava con facilità alle esigenze della militanza sotto un capo.

Nato a Napoli il 2 ottobre 1938, si era laureato in Giurisprudenza con una tesi sulla Corte costituzionale, poi si era trasferito a Torino per lavorare come ricercatore presso la Fondazione Luigi Einaudi. E si era dedicato allo studio del passato, fino a occupare prima la cattedra di Storia contemporanea, poi quella di Storia dell’Europa e del giornalismo nell’ateneo della città piemontese. Alla docenza aveva accompagnato una presenza rilevante sui mass media, come firma del «Giorno», poi della «Repubblica» e dell’«Espresso», quindi dell’«Unità».

In questa veste Tranfaglia era stato forse il più polemico tra coloro che nel 1975 avevano preso di mira l’Intervista sul fascismodi Renzo De Felice. L’impostazione del biografo di Mussolini gli pareva sfociasse in una vera e propria riabilitazione del dittatore e del suo regime, tanto più pericolosa nel momento in cui si era manifestata in Italia un’eversione di destra non priva di legami con alcuni settori dello Stato. Oltre che da una divergenza sulla valutazione degli eventi trascorsi, la sua aggressività appariva dettata da preoccupazioni per rischi attinenti il presente.

Alcuni anni prima Tranfaglia aveva pubblicato il saggio Carlo Rosselli dall’interventismo a Giustizia e Libertà (Laterza, 1968), una biografia politica che avrebbe completato molti anni dopo, fondendola nel volume Carlo Rosselli e il sogno di una democrazia sociale moderna (B.C. Dalai editore, 2010). Era convinto che il progetto di una sintesi tra gli ideali egualitari del socialismo e la promozione delle libertà individuali restasse valido anche a molti anni di distanza da quando era stato formulato dal leader di Gl assassinato in Francia nel 1937, anzi lo vedeva come unico rimedio possibile all’incapacità della sinistra di opporsi con efficacia alla deriva oligarchica e populista della destra guidata da Silvio Berlusconi.

Sul piano storiografico Tranfaglia aveva diretto diverse opere collettive e aveva prestato una crescente attenzione a due problemi che riteneva cruciali: la libertà d’informazione e il crimine organizzato. Riteneva che la mafia non potesse essere considerata un semplice fenomeno malavitoso, ma costituisse l’architrave di un sistema di potere dagli effetti nefasti, che aveva condizionato la storia della Repubblica sin dai suoi albori. È la tesi esposta in alcuni suoi libri, tra i quali La mafia come metodo nell’Italia contemporanea (Laterza 1991) e La sentenza Andreotti(Garzanti, 2001).

Persuaso che influenze occulte, anche di carattere straniero, avessero influenzato e distorto il corso della vita politica, Tranfaglia aveva contribuito ad alimentare una visione scoraggiante, con sfumature cospirazioniste, delle vicende italiane nella seconda metà del XX secolo. In particolare era tra coloro che valutavano nel complesso del tutto insufficienti gli sforzi dello Stato per combattere il crimine organizzato, un giudizio reso esplicito dal titolo di un suo saggio uscito da Utet nel 2008, Perché la mafia ha vinto.

Data la sua attenzione ai temi della comunicazione di massa, Tranfaglia aveva vissuto come una sorta di emergenza democratica l’ascesa del centrodestra nelle sue diverse incarnazioni a guida berlusconiana, gravato da un pesante conflitto d’interessi proprio sul terreno delicatissimo dell’influenza mediatica. E ciò lo aveva spinto a tentare la via dell’impegno politico diretto, anche se i risultati non erano stati all’altezza delle speranze.

In seguito alle delusioni subite, pur senza abbandonare la trincea del dibattito politico-culturale, Tranfaglia aveva preferito poi riprendere la via della ricerca storiografica. Oltre a completare la biografia di Rosselli, aveva pubblicato nel 2010 il libro Vita di Alberto Pirelli (Einaudi), frutto di un lavoro durato parecchi anni. Ricostruire la parabola di quell’illustre esponente di una dinastia industriale altolocata gli aveva consentito di esplorare in presa diretta i comportamenti della classe dirigente, i suoi rapporti con il fascismo, la sua abilità nel gestire i trapassi politici più spinosi. D’altronde, pur senza mitizzare Pirelli (tra l’altro fondatore a Milano dell’Istituto per gli studi di politica internazionale), Tranfaglia ne riconosceva il talento imprenditoriale e la vocazione diplomatica di alto livello.

Da segnalare infine la riproposizione aggiornata e ampliata con l’editore Rusconi, nel 2019, dell’opera di maggior respiro scritta da Tranfaglia,Il fascismo e le guerre mondiali, pubblicata a suo tempo nel 1995 come volume della Storia d’Italia Utet diretta da Giuseppe Galasso. Un lavoro nel quale emergeva in modo limpido la rivendicazione dei valori che avevano animato la battaglia antifascista nel corso del difficile Novecento italiano.

23 luglio 2021 (modifica il 23 luglio 2021 | 19:39)