Milano, 11 dicembre 2017 - 16:46

Carmen, Maria Rosa e Angiolina, quando la scienza è donna

Carmen Giordano (Politecnico di Milano) studia un cervello-intestino artificiale. Maria Rosa Antognazza (Istituto Italiano di Tecnologia) lavora alla retina del futuro. Angiolina Comotti (Bicocca) vuole assorbire la Co2 con i «pori» dei materiali

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«Al mattino accompagno i figli a scuola e poi inizio a fare lo ‘scienziato’, come dicono i miei piccoli». Sorride Carmen Giordano parlando della giornata e la sua è una storia molto simile in tanti aspetti a quella di Maria Rosa Antognazza e Angiolina Comotti; tre vite da ricercatrici di successo alle frontiere della scienza. A tre voci si sono raccontate al Festival della Scienza di Genova, dimostrando di avere in comune pure la scelta di essere protagoniste nei laboratori nazionali rinunciando alle offerte di volare altrove. Ascoltarle è entrare nella fantascienza dei nano-materiali in un intreccio di conoscenze dall’ingegneria alla salute.

La ricerca sul Parkinson

«Da dieci anni – spiega Carmen - cerco di costruire dei dispositivi terapeutici per trattare il morbo di Parkinson e la malattia di Alzheimer e ora realizziamo un sistema per capire come l’intestino può influenzare il cervello». Carmen insegna al Politecnico di Milano e con quest’idea elaborata con il neurofisiologo Diego Albani dell’Istituto Mario Negri ha vinto due milioni di euro dell’European Research Council per realizzare il progetto Minerva dal quale sta nascendo uno straordinario dispositivo; in pratica un intestino-cervello artificiale.

Questione di chip

«Per la prima volta riproduciamo degli organi su un chip simulando le connessioni tra i due apparati in condizioni malate e sane e capire, così, in che modo intervenire nella cura di patologie della microflora intestinale capaci di danneggiare le facoltà cerebrali. Ho ricevuto proposte dai laboratori dell’University College di Londra dove ho trascorso un anno, da un importante centro di Mainz, in Germania, e dall’Australia, ma ho preferito rientrare in Italia per restituire il mio impegno al Paese che mi aveva formato».

I foto ricettori

«Diventare una scienziata era un sogno», dice Maria Rosa Antognazza, protagonista del laboratorio dell’Istituto Italiano di Tecnologia nato al Politecnico di Milano. Qui ha realizzato un retina artificiale per offrire rimedio (e la vista) a chi è colpito da malattie quali la degenerazione alla macula o la retinite pigmentosa. «Cercavo di capire i segreti per rendere compatibili materiali artificiali con le cellule viventi. Così – spiega – sono nati dei foto-rivelatori organici con una struttura simile alla retina. Collaborando con neurologi e chirurghi li abbiamo provati sui ratti. Che soddisfazione vederli trovare in fretta la via da percorrere grazie alla vista recuperata. Sono stati risultati incoraggianti. Ora affrontiamo test sui maiali, che hanno un sistema visivo simile al nostro. Presto passeremo a studi sull’uomo. Con orgoglio posso dire che siamo stati i primi a voler sfruttare le proprietà ottiche dei polimeri semiconduttori nel campo della visione artificiale; poi altri centri internazionali ci hanno seguito. Un ricercatore cerca il laboratorio dove realizzare i progetti. Io, grazie all’Istituto Italiano di Tecnologia e a finanziamenti nazionali ed europei, ho avuto la libertà di scegliere di rimanere in Italia. E quando torno la sera a casa racconto alle mie due bambine i passi compiuti nella giornata».

Nano-spugne

Angiolina Comotti insegna chimica industriale all’Università di Milano-Bicocca con periodiche puntate alla New York University. La ricerca è la sua passione sin da bambina. Il suo obiettivo era scoprire dei materiali porosi con i quali realizzare nano-spugne ideali per intrappolare l’anidride carbonica. «La cattura e purificazione è rilevante per il nostro pianeta. Assistiamo quotidianamente alle conseguenze del riscaldamento climatico causato dal suo continuo aumento nell’atmosfera. I materiali porosi possono dare un contributo prezioso nell’affrontare il grave problema. Le nano-spugne infatti assorbono la Co2 e,sfruttando la luce solare, la trasformano in prodotti utili a tutti». Angiolina ha accumulato esperienze in laboratori americani ed europei.

L’impegno della Fondazione Cariplo

«Ora il mio gruppo in Bicocca ha rapporti e scambi con altri attivi in diversi Paesi e abbiamo anche reclutato ricercatori internazionali. Perciò non si sente l’esigenza di fuggire all’estero; importante è mantenere alta la qualificazione scientifica». In comune le tre scienziate alla frontiera della conoscenza hanno un altro tratto importante; cioè il sostegno ottenuto da parte della Fondazione Cariplo che ha permesso loro un grande balzo. «La Fondazione è stato il primo ente a scommettere su di me – dice Carmen Giordano - affidandomi la guida del progetto Nanobrain nel cui ambito abbiamo sviluppato i nuovi i materiali che useremo per realizzare il cervello artificiale del piano europeo Minerva». «Grazie a un progetto della Fondazione, ad alto rischio ma con elevatissimo impatto sociale, abbiamo dimostrato la validità dei fotorecettori per la retina artificiale guardando con speranza alle applicazioni sull’uomo», aggiunge Maria Rosa Antognazza. «Gli ambiziosi obiettivi delle nano spugne li abbiamo raggiunti – conclude Angiolina Comotti - anche noi attraverso i progetti Cariplo con i quali abbiamo erogato borse di studio a studenti post-doc che oltre ad aver maturato una preziosa esperienza sono stati anche sensibilizzati alle ricadute della ricerca sulla società». Insieme, offrono un esempio virtuoso di come i privati possono contribuire in maniera decisiva alla crescita della scienza e del Paese, trattenendo i suoi cervelli.

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