15 ottobre 2021 - 21:24

Addio a Mario Andrea Rigoni, una vita di passioni e scrittori

Si è spento lo studioso, tra i maggiori conoscitori di Leopardi. Asiaghese, ha insegnato all’università di Padova. È stato anche poeta e autore di aforismi

di Isabella Panfido

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Mario Andrea Rigoni
Mario Andrea Rigoni

Ci ha lasciato Mario Andrea Rigoni, italianista, docente emerito all’Università di Padova, saggista e scrittore, collaboratore del Corriere della Sera e del Corriere del Veneto. Era nato a Asiago nel 1948 e viveva a Montebelluna, preferendo la cittadina della Marca trevigiana alla più concitata Padova, che, peraltro, ha sempre frequentato per interessi di studio. Malato da molti anni aveva saputo gestire la malattia con forza, quasi con pervicacia, combattendo con l’intelligenza e lo studio la fragilità di un fisico che, a dispetto del male, mostrava ancora la sua origine di Cimbro dell’Altopiano.

I suoi saggi

Lo ricorderemo per i suoi fondamentali saggi su Giacomo Leopardi e Emil Cioran, figure accomunate, come ebbe spesso a sottolineare Rigoni, da una stessa «ultrafilosofia», una specie di essenza estrema, oltre e alla fine di tutte le filosofie. La bibliografia sul poeta di Recanati e sullo scrittore franco-rumeno è davvero ricchissima e lunga quasi quanto la carriera di italianista di Mario Andrea Rigoni, segnaleremo per necessità di concisione solo alcuni dei suoi lavori di critica: Saggi sul pensiero leopardiano (Cleup, 1982), ristampato successivamente come Il pensiero di Leopardi con la prefazione di Emil Cioran (Bompiani, 1997). Fondamentale la curatela del Meridiano Mondadori delle poesie di Leopardi (1987), oltreché quella delle antologie di pensieri La strage delle illusioni. Pensieri sulla politica e sulla civiltà (Adelphi, 1992); Tutto è nulla (Rizzoli, 1997); Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani (Rizzoli, 1998). Con Cioran, che Rigoni conobbe a Parigi e con il quale intrecciò una amicizia duratura che sfociava in scambi epistolari fitti e densi, aveva in comune i gusti letterari, l’atteggiamento verso le cose del mondo, una sorta di disincanto che andava via via depositandosi nella scrittura, in particolare quella narrativa.

Gli scambi epistolari

Di quel legame intellettuale e umano ci resta un libro, uscito nel 2007 per le edizioni Il Notes Magico di Padova dal titolo Mon cher ami. In quegli scambi epistolari si rintraccia tanta parte delle ossessioni metafisiche di Cioran che si riversano nella Weltanschauung del più giovane studioso italiano; quella amicizia e la conoscenza profonda dell’opera di Cioran hanno «salato il mio sangue letterario» -come dichiarava Rigoni. Le tracce più «salate» di quel disincanto sono evidenti nella produzione narrativa e aforistica dello studioso di Asiago: i suoi libri di racconti portano lo stigma della disillusione, intinta spesso in un sarcasmo reso ancor più tagliente dalla incisività del suo stile.

Il «libro estremo»

I suoi libri di racconti dai titoli significativamente amari quali ad esempio Estraneità del 2014, Miraggi del 2017; Disinganni del 2018 ci offrono visioni sulla realtà di una lucidità senza remissione, nella essenzialità di una scrittura che come un bisturi seziona la carne là dove più duole. Solo l’anno scorso Mario Andrea Rigoni aveva pubblicato un libro di versi, il primo del suo lungo rapporto con la scrittura creativa, dal titolo Colloqui con il mio demone (Elliot edizioni), di cui su queste pagine avevamo scritto: «la sua è una scrittura al servizio del dolore, controllata, ferma, che va costruendo un edificio/libro strutturalmente poetico, fatto di mattoni/parole riarse, minerali. Come se la materia verbale in sintonia con l’esistenza si mostrasse al suo stato originario, esibendo una trama scabra, priva di riflessi, sfumature, echi». Un libro estremo questo - Rigoni ne era perfettamente consapevole - che lo aveva divertito, stupito quasi di se stesso, della capacità di ridere, ancora, seppure amaramente della vita.

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