17 aprile 2018 - 23:05

«Torna sulla Terra e vediamoci» L’appello di Salvini a Di Maio
Ma i due hanno sospeso gli sms

Da giovedì i contatti telefonici, prima fittissimi, si sono bruscamente interrotti. La Lega prevede un asse M5S-Pd: all’opposizione cresciamo

di Marco Cremonesi

Matteo Salvini e Luigi Di Maio (Ansa) Matteo Salvini e Luigi Di Maio (Ansa)
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«Faccio un appello a Di Maio: lascia perdere “io, io, io” e torna sulla Terra. Ci vediamo e ragioniamo». A giornata quasi finita Matteo Salvini risponde alle domande di Giovanni Floris, ospite a DiMartedì su La7. Il leader leghista si rivolge al capo M5S, per lui è importante presentarsi come l’uomo che cerca il dialogo senza farsi scoraggiare dai no. Soprattutto, non vuole assolutamente passare per l’uomo dei no: «La gente — ripete — ci ha votato per lavorare e risolvere i problemi».

Contatti interrotti

Ma la verità è che i due leader hanno sospeso i rapporti. Da giovedì, i contatti telefonici e via sms — fino a quel momento fittissimi — si sono bruscamente interrotti: sicuramente un punto per Silvio Berlusconi e per il suo show al Quirinale. Salvini accoglie di buon umore la notizia di Luigi Di Maio e Davide Casaleggio che si fanno vedere insieme in via Giolitti a Roma: i leghisti gli rappresentano la pubblica uscita come la riprova di una difficoltà interna del Movimento fondato da Beppe Grillo per lo stallo in cui sono finite le trattative. E a cui i 5 Stelle tentano di rispondere con un segnale di fiducia e unità sulla scena di una strada tutt’altro che appartata.

Pd e 5 Stelle

Il leader leghista guarda anche alle mosse di avvicinamento tra Pd e 5 Stelle. Sotto a un certo punto di vista, la possibile costruzione del «governo bizzarro» non dispiacerebbe affatto a Salvini, che dall’inevitabile opposizione a un governo del genere ritiene di avere soltanto da guadagnare. Anche se, fatti i conti, la maggioranza di un esecutivo 5 Stelle-Dem avrebbe numeri piuttosto risicati. Sulla carta, 165 senatori e 333 deputati.

L’esplorazione

Ma di tutto questo, semmai, si parlerà dopo l’«esplorazione» di Maria Elisabetta Alberti Casellati. La porta che ieri Salvini le ha spalancato («Può fare un buon lavoro») non è che la ratifica di quanto i leghisti hanno fatto sapere al Quirinale nei contatti di questi giorni: il mandato esplorativo alla presidente del Senato per la Lega va benissimo, e questo ripeteranno a Sergio Mattarella i capigruppo Gian Marco Centinaio e Giancarlo Giorgetti. «Anche perché — spiega un deputato — ci porta un po’ avanti con i giorni e dunque consentirà di superare le Regionali, almeno quelle in Molise. Poi, si potrà cominciare a discutere su altre basi». Quanto alla figura terza, «non c’è alcuna caccia all’uomo: è la presa d’atto che difficilmente i premier saranno Salvini o Di Maio».

Le Regionali

Il segretario leghista si attende molto dalle elezioni in Friuli — in cui il candidato è il suo fedelissimo Massimiliano Fedriga —, ma è convinto di poter ottenere un buon risultato anche in Molise, nonostante il fatto che il candidato Donato Toma non sia leghista. E così, è partito l’ordine: questa mattina prima dell’alba lascerà Roma alla volta di Campobasso e di Isernia una nutrita pattuglia di parlamentari leghisti per volantinare ai numerosi gazebo del partito. Tutto questo anche se Salvini oggi non sarà lì.

Forza Italia

Nell’ottica leghista le Regionali serviranno a confermare la centralità del partito rispetto a Forza Italia. Tra Salvini e Berlusconi continua il silenzio, in realtà, raramente interrotto anche prima dello show del Cavaliere al Quirinale. E a riprova del fatto che, con un certo cinismo politico, il partito non vedrebbe male il governo 5 Stelle-Pd c’è anche il fatto che gli sherpa leghisti hanno da qualche giorno smesso di mettere in guardia i colleghi di Forza Italia sulla catastrofe che sarebbe per Berlusconi e per l’azienda della sua famiglia un governo del genere: fino al ritorno dei partiti al Quirinale, giovedì scorso, era una delle argomentazioni forti utilizzate dalla Lega nel tentare di persuadere il fondatore di Forza Italia a fare il famoso «passo indietro» che avrebbe potuto rendere digeribile ai 5 Stelle un governo con l’intero centrodestra.

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